Contratto unico, aperture con riserve
ROMA – I sindacati condividono l’idea del governo di abbattere la giungla di contratti che regolano il lavoro precario in Italia. Poi si dividono sulla ricetta per raggiungere il risultato. Le reazioni delle parti sociali alle indiscrezioni sulla riforma del lavoro cui starebbe lavorando il ministro Elsa Fornero, sono nel complesso prudenti. Perché, in vista dell’incontro di lunedì a Palazzo Chigi, nessuno vuole sbilanciarsi. Prudenza anche tra i partiti con l’unica eccezione di Giuliano Cazzola, ex sindacalista Cgil ora approdato al Pdl, che preferirebbe lasciare tutto com’è: «Il Pdl – dice Cazzola – considera la pluralità delle forme contrattuali ora esistenti, un’opportunità per meglio corrispondere ad esigenze specifiche del mercato del lavoro».
Ma non è questo l’orientamento del governo Monti. Lo aveva detto chiaramente il premier nei giorni scorsi: «Dovremo ridurre la frammentazione dei contratti». «Per noi il contratto d’ingresso per i giovani nel mercato del lavoro è il contratto di apprendistato», dice il leader della Cisl, Raffaele Bonanni. Che apprezza l’asse centrale delle proposte di queste ore: «Definire, dopo un periodo di tre anni, uno sbocco a tempo indeterminato». Qual è la differenza tra contratto unico e contratto di apprendistato? Per Bonanni «non è una questione di forma ma di sostanza». Il contratto di apprendistato infatti prevede lo svolgimento di corsi di formazione professionale obbligatori.
Prudente la Cgil che preferisce affidare il suo commento all’anonimato di Twitter, in modo da far emergere quel che pensano i militanti di base senza esporre i dirigenti. I cinguettii di corso d’Italia esprimono scetticismo: «Fornero vuole ridurre a uno i 46 contratti oggi esistenti? E’ una bugia». Come dire, sarebbe bello ma è impossibile. Per questo, aggiunge la Cgil, «il contratto unico è solo un inganno». Anche il sindacato di Camusso tiene molto alla formazione professionale e per questo ripete, con la Cisl che «il canale d’ingresso al lavoro per i giovani è l’apprendistato». Poi ironie anonime contro «i professori»: «Lunedì ci piacerebbe discutere di mercato del lavoro con qualcuno che lo conosca per averlo frequentato ogni tanto». Battute pesanti che ricordano nello stile l’attacco di Susanna Camusso a Elsa Fornero sull’articolo 18: «Se guardo alla manovra penso che lavori per le assicurazioni private». Una forma dura che nasconde una sostanza tutto sommato morbida perché la Cgil approva l’idea di ridurre a uno, sia pure con l’introduzione della formazione obbligatoria, i molti contratti di precariato oggi esistenti in Italia.
Chi attacca frontalmente l’ipotesi di riforma è invece il partito di Gianfranco Fini. Il capogruppo alla Commissione attività produttive della Camera, Enzo Raisi, parla di «una ipotesi di riforma al ribasso» perché il provvedimento non modificherebbe l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Secondo Raisi invece «se al compimento di primi tre anni di lavoro rimanesse in vigore l’articolo 18, una norma inefficiente e discriminatoria, le imprese licenzierebbero prima».
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