by Editore | 31 Gennaio 2012 9:02
L’Operazione Siria è partita sulle orme di quella che in marzo portò alla «guerra umanitaria» contro la Libia di Gheddafi. Il canovaccio è grosso modo lo stesso e, al momento, l’unica variante è l’atteggiamento di Russia (insieme, probabilmente, alla Cina) che al contrario del marzo scorso, quando non entrambe non andarono oltre l’astensione nelle risoluzioni su sanzioni e no-fly zone consentendo di fatto il via libera ai bombardamenti Nato, questa volta, almeno per il momento, sembra decisa a usare il suo (o il loro) potere di veto sulle risoluzioni che i 15 del Consiglio si accingono a discutere e votare. Oggi al Palazzo di vetro newyorkese è stata annunciata la presenza della stessa Hillary Clinton, segretario di stato Usa, e del ministro degli esteri francese Alain Juppè per ascoltare i due esponenti arabi che arriveranno per illustrare e perorare il «piano» della Lega araba rispetto alla crisi siriana. I due saranno il primo ministro del Qatar (anche stavolta in prima fila, insieme all’Arabia saudita), Hamad el Qassem, e il segretario generale della Lega, l’egiziano Nabil al Arabi.
Il «piano» prevede la rinuncia immediata del presidente siriano Bashar al Assad in favore del suo vice e la formazione di un governo «di unità nazionale» con l’opposizione per avviare la trandizione «alla democrazia». Anche riguardo alla Libia gheddafista, in marzo, gli occidentali si fecero forti della richiesta della Lega araba della no-fly zone, il paravento che nasondeva l’attacco militare «per proteggere i civili». Mosca anche ieri ha ribadito che non ci sta a votare risoluzioni che prevedano sanzioni (già imposte, peraltro, da Usa e Ue) contro la Siria o, peggio, interventi militari «umanitari». La Russia ha rilanciato proponendo negoziati «informali» a Mosca fra il governo Assad e la variegata opposizione siriana, «senza condizioni previe». Damasco ha detto che ci sta, ma l’opposizione ha già detto di no. Burhan Ghalioun, presidente del Consiglio nazionale siriano (Cns, il raggruppamento di vari gruppi anti-Assad con base all’estero), che si trova già a New York annusando la vittoria, ha fatto sapere che il Cns non parteciperà a nessun negoziato «con il regime siriano prima che Assad abbandoni il potere». Il vice-ministro degli esteri russo Ghennadi Gatilov ha replicato che prima di discutere e votare il «piano» della Lega araba, vuole conoscere e studiare «le raccomandazioni e conclusioni» della missione degli osservatori inviata dalla Lega araba in Siria per monitorare la situazione. Ma, guarda caso, la missione è bloccata, prima per l’annunciato ritiro degli osservatori di Qatar, Arabia saudita e le altre petro-monarchie del Golfo, e del Marocco, poi per l’annuncio della sospensione dei lavori di monitoraggio fatta giorni fa dalla Lega.
Quindi il discorso si morde la coda. Intanto in Siria e sulla Siria si accavallano le voci, quasi sempre incontrollabili. Voci di fuga all’estero della famiglia di Assad, voci che vogliono i miliziani ribelli ormai a Damasco, voci di altre decine di morti per mano della repressione governativa o di quelli che il regime chiama «gruppi terroristi».
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