by Editore | 5 Gennaio 2012 9:48
Non sembra un atteggiamento propriamente «scientifico». Il «contratto graduale» di cui si è preso a scrivere sui giornali in base a indiscrezioni di fonte ministeriale introdurrebbe infatti una novità clamorosa: i lavoratori, superati i 55 anni di età , potrebbero esser mantenuti a part time. Per evitare che anche il salario diventi la metà , l’Inps verrebbe chiamata a erogare un anticipo di pensione.
Se l’ipotesi andrà avanti, sarà la dimostrazione che gli «studiosi» avevano studiato davvero poco, accorgendosi solo post factum della contraddizione materiale mostruosa in cui sui erano infilati sostenendo che bisognava lavorare più a lungo «per favorire l’occupazione giovanile». In secondo luogo, sarebbe la banale presa d’atto che – in una lunga serie di mestieri comunque «fisici» – un lavoratore ultra-55enne non può avere nemmeno volendo la stessa produttività di un giovane.
Ma che significa «part time» a 55 anni? Meno stress, certo, ma anche meno soldi proprio quando lo sforzo economico di mantenimento della famiglia (mutui, università dei figli, ecc) è più oneroso. L’idea di anticipare una «mezza pensione» è ancora più deleteria, perché – con il passaggio dal metodo di calcolo retributivo a quello contributivo – a 10-12 anni dal termine della vita lavorativa (con le nuove regole) l’assegno sarebbe veramente basso.
Non si capisce poi quale sorte subirebbero i contributi pensionistici versati dal lavoratore. Se fossero proporzionali all’orario di lavoro ridotto, dovrebbero diminuire di conseguenza. Preparando così un finale di carriera ancora più miserabile.
Bisogna inoltre tener presente che questo eventuale «nuovo contratto» non riguarderebbe tanto gli attuali lavoratori dipendenti over-55, ma tutti quelli delle generazioni ancora a inizio o metà carriera, per i quali viene calcolato già ora un grado di copertura dell’assegno rispetto all’ultimo stipendio non superiore al 50%. Sono le generazioni che già ora stanno accumulando (si fa per dire) lunghi periodi a contratto precario e bassa contribuzione intervallati da periodi più o meno lunghi di disoccupazione. La «mezza pensione», per loro, rappresenterebbe poco più di una mancia.
Ma infine, che lavori dovrebbero fare questi vecchietti ormai inabili alla fatica continua? Il «tutoraggio» degli apprendisti, negli anni di tutela zero. Un’idea già avanzata a suo tempo da Maurizio Sacconi. E che questo governo farebbe – senza alcuna sorpresa – totalmente sua.
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