Cocaina, ville e Ferrari il regno dei Casamonica

Loading

L’Iraniano voleva i suoi soldi. Aveva lavorato sodo, era stato ai patti, aveva rispettato scrupolosamente le date di consegna. Niente scuse, adesso era il momento di incassare.

Era un tipo tosto, l’iraniano,o almeno credeva di esserlo. Sedicimila euro. Questo il prezzo pattuito per i capitelli di marmo pregiato che dovevano completare le colonne finto doriche della villa dei Casamonica. LA VILLA di Rocca Cencia, trionfo del kitsch estremo nel più limpido stile Casamonica, una pacchianata hollywoodiana che assemblava i soliti ingredienti: rubinetti placcati oro, vasche Jacuzzi modello piscina olimpionica, statue di malachite, paccottiglia varia e qualche quadro d’autore alle pareti. In tempi di crisi, l’iraniano (un marmista quarantenne sfuggito alla guerra con l’Iraq, alle persecuzioni degli ayatollah e alla delinquenza del suo paese) si era tenuto stretto: solo duemila euro di anticipo.

«Questi sono imbottiti di soldi, pagheranno», si illudeva. Il marmista stava per avere un assaggio del modo Casamonica di regolare le questioni, un modo assolutamente unico e inimitabile come unica e inimitabile, in tutta Europa, è la loro organizzazione criminale. E non gli sarebbe piaciuto affatto.

I primi guai erano cominciati presto, al momento di chiedere il saldo. Quei clienti chiassosi, villani, che passavano dalla pacca sulle spalle alla sequela di insulti in meno di un nanosecondo, prendevano tempo, tergiversavano, la tiravano alle lunghe. All’ennesima telefonata, Guido Casamonica s’era incavolato di brutto: «Ma con chi credi di parlare, idiota? Ma lo sai chi siamo noi? Ma come c… ti permetti di chiedermi i soldi? Adesso vengo da te e ne parliamo». Detto fatto. Dopo il chiarimento, l’iraniano si era ritrovato col setto nasale deviato, la mascella gonfia, 2mila euro di meno e il cellulare sparito. Ma continuava a credere di essere un tipo tosto: dritto dai carabinieri a sporgere denuncia.

Un affronto del genere, quando si ha a che fare con i Casamonica, si paga caro. Ne sanno qualcosa le decine di persone che, in passato, hanno venduto auto, camper, cavalli o qualunque altra cosa ai componenti del clan, si sono ritrovati con un pacco di assegni-carta straccia in mano e, dopo qualche “chiarimento”, hanno pensato bene di ritirare la denuncia. L’iraniano no, lui tenne duro, anche quando un amico gli spiegò che gli sgherri del clan stavano setacciando la zona alla ricerca dell’indirizzo di casa sua.

«Questo non è l’Iran – rifletteva – qui c’è la legge, ci sono i tribunali e io ho ragione…».

Due giorni dopo, l’artigiano fu aggredito e pestato a sangue da due kosovari mentre scendeva dalla macchina. Terrorizzatoe sanguinante, l’uomo tentò di rifugiarsi in un negozio ma il titolare sapeva come vanno a finire certe cose, pensò alla famiglia e non lo lasciò entrare. Neanche 24 ore più tardi il quarantenne si ritrovò di nuovo faccia a faccia con i suoi aguzzini, che lo massacrarono di botte con un pezzo di marmo e cercarono di sequestrarlo per portarlo nella villa, al cospetto del capo. Una gazzella dei carabinieri piombò sul posto appena in tempo. Dopo gli arresti, i militari scoprirono un alveare di appartamentini che i Casamonica affittavano agli stranieri clandestini per 500 euro al mese. Una storia piccola, feroce, emblematica. Ormai diventati una potenza economica, considerati dalla Dia l’organizzazione criminale più radicata del Lazio, proprietari di un patrimonio che, qualche anno fa, fu stimato intorno ai 90 milioni di euro, i Casamonica continuano a imporre la loro legge con la protervia e, spesso, la stupidità  di una baby gang di borgata: una miriade di truffe, soprusi, estorsioni, bravate, sceneggiate, risse, pestaggi e minacce che spesso, finiscono per cacciarli in un mare di guai. Ma come hanno fatto a salire così in alto e, al tempo stesso, a restare ancorati ai rituali della delinquenza di strada? LE ORIGINI La risposta, probabilmente, è nell’origine stessa del clan, nella sua struttura assolutamente unica e peculiare nella geografia malavitosa italiana. Arrivati a Roma all’inizio degli anni 70, quando la gang delle Tre “B”(i Marsigliesi di Albert Bergamelli, Maffeo Bellicini e Jaques Berenguer) spianava le nuove rotte del traffico di eroinaa raffiche di mitra, i Casamonica mantennero intatte le loro tradizioni di sinti giostrai: zingari abruzzesi cristiani ormai stanziali e imparentati da sempre con le dinastie nomadi dei Di Silvio, dei De Rosa, dei Di Guglielmo, dei De Rocca, degli Spinelli e dei Cena. I soldi non si nascondono, si ostentano e al diavolo gli sbirri. L’uomo mena, la donna strilla.

«Ogni volta che entriamo in una delle loro ville è la stessa storia: mogli, madri, sorelle e fidanzate fanno la sceneggiata napoletana, urlano, piangono, protestano, svengono. Nonè neanche una strategia,è un’abitudine». La gerarchia del gruppo non ha il verticismo delle cosche mafiose o la brutalità  da branco di lupi dei clan camorristi. Alle figure di riferimento classiche, gli “anziani” (Guido, Consilio, Guerino) si affianca una generazione di trentenni o quarantenni che gestiscono i loro affari in quasi totale indipendenza. La mancanza di una vera e propria trafila di affiliazione ha dilatato il numero dei quadri intermedi e dei semplici manovali e oggi il clan ha una dimensione da battaglione: almeno mille persone. Un impero che ha i suoi capisaldi tradizionali nelle zone a sud est della capitale: Romanina, Anagnina, Porta Furba, Tuscolano e giù, verso sud, fino a Frascati o Montecompatri dove i carabinieri sono riusciti a far buttare giù dalle ruspe un paio di ville abusive, seguendo la strategia: «Colpiscili dove fa più male: nel portafogli». Ma per una villa che crolla, ne spuntano altre tre.

Orgogliosi della loro indipendenza, i Casamonica stringono alleanze operative ma solo da pari a pari: il carattere rissoso e guascone dei sinti impedisce ogni forma di sudditanza. «Alla struttura classica delle associazioni criminali dedite al traffico di droga – si legge nell’ordinanza di custodia dell’ultima tornata di arresti, 39 persone finite in carcere all’alba di lunedì – si accompagnano elementi che connotano in modo particolare l’associazione criminale. In primo luogo si tratta di indagati che fanno capo per la quasi totalità  a gruppi familiari il cui nome è noto nell’ambito della criminalità  romana, che ormai ha assunto caratteristiche di criminalità  organizzata autoctona e priva di referenti esterni… del tutto autosufficiente nelle modalità  di approvvigionamento della sostanza stupefacente, nelle condotte di cessione, nell’organizzazione dell’acquisizione dei proventi e del loro reinvestimento… ».

Una gang ormai strutturata, insomma, ma che è rimasta caparbiamente attaccata al suo territorio e lo difende con ogni mezzo. «Si tratta di un gruppo delinquenziale che ha una spiccata territorialità  – scrive ancora il Gip – perché ha acquisito il controllo di intere strade pubbliche trasformate in una sorta di enclaves all’interno delle quali il controllo della polizia giudiziaria risulta sostanzialmente impossibile… per i rischi di ritorsioni anche violente nei confronti del personale di polizia». Come a Scampia, con buona pace di chi sostiene che il controllo criminale del territorio a Roma non esiste. Ma quali sono, oggi, gli interessi dei Casamonica? IL BUSINESS Lo spaccio di cocaina, oggi, è il primo, grande interesse di quella che, in quarant’anni di attività  capillare, è diventata una vera e propria holding. Roma è una città  che “tira”, una capitale dalle narici arrossate e incipriate di polvere dove la passione per la madame Blanche è una follia trasversale che affratella manager, produttori cinematografici, macellai, idraulici e malavitosi di ogni calibro. I Casamonica puntano sulla grande distribuzione e praticano un dumping spietato: si scende a 40 euro al grammo e la roba è decente. Gran parte dei clienti sono transessuali, pronti a far pubblicità  col passa parola e a vantare i prezzi degli spacciatori di strada.

Ma la coca non basta. La famiglia, da sempre, ha le mani in pasta nell’altro, grande business della mala capitolina: l’usura. Storie di gente rovinata per pagare un intervento chirurgico o il matrimonio della figlia e perseguitata fino all’orlo del suicidio non si contano più. La vera specialità  dei Casamonica, tradizionalmente, è il recupero crediti. Una joint venture col premiato gruppo Nicoletti spa era basata su uno scambio di questo tipo: due creditori insolventi da spremere ai Casamonica in cambio di uno docile per l’ex banchiere della Magliana. Quando si tratta di costringere qualcuno a pagare, gli ex zingari giostrai ci vanno giù duro anche se continuano a mostrare una arcaica diffidenza verso le armi da fuoco e di solito regolano le questioni a pugni. Non a caso, una delle glorie familiari (ma stiamo parlando di parentele lontane) è l’ex campione nazionale dei superwelter ed ex olimpionico a Los Angeles Romolo Casamonica, 49 anni (che si è fatto beccare di recente per l’estorsione a uno sventurato allevatore di cani che gli aveva venduto due chihuahua) fratello di Sandro, anche lui pugile azzurro di rilievo fino al 2004. Pronti a spendere e a spandere ma anche a riciclare i soldi in un dedalo di società  finanziarie del Principato di Monaco, i signori della zona sud-est della capitale si stanno lanciando anche in una serie di affari in grande: due anni fa, un’inchiesta della procura di Reggio Calabria aprì uno squarcio su un’inedita alleanza tra la famiglia degli Alvaro e il clan Casamonica per il controllo del porto di Gioia Tauro, tramite un imprenditore romano. E se c’è bisogno di spiccioli in contante, i bancomat sono i commercianti: estorsioni al minuto, centinaia o migliaia di euro, orologi di marca o auto di lusso scuciti senza pagare un centesimo e senza neanche il bisogno di alzare le mani. Basta la parola: «Sono un Casamonica». Che fare? Che strategia si può adottare contro un’invasione che sembra inarrestabile? LA CONTROFFENSIVA «Decapitato il clan Casamonica». «Blitz nel regno del clan». «Casamonica, il tesoro degli usurai». I titoli dei quotidiani si susseguono da almeno 30 anni e tutto resta com’era. La nuova linea dura della procura romana, con l’applicazione (per la prima volta) del reato di associazione a delinquere sembra promettente. «Puntiamo molto anche sui sequestri dei beni e sulla demolizione degli immobili – spiega il colonnello Rosario Castello, comandante del gruppo di Frascati – ma per colpire i Casamonica ogni accusa va bene: dal pestaggio al furto di energia elettrica». La soluzione (come nella stragrande maggioranza degli affari criminali nostrani) in realtà  si riassume nelle famose tre parole magiche: certezza della pena. Ma quello è un altro discorso.


Related Articles

L’ovetto rubato che blocca la giustizia

Loading

Ragazzo alla sbarra per un furto da un euro. Il processo ne costerà  migliaia

GIÙ LE MANI DALLA SANITÀ

Loading

 Mentre negli Stati Uniti si è consumato uno scontro feroce tra i democratici e l’ala più estrema della destra repubblicana sulla storica riforma sanitaria del Presidente Barack Obama, in Italia il governo ha deciso saggiamente di non procedere lungo la strada di ulteriori tagli alla spesa per la sanità, sebbene fossero in atto pressioni pesantissime in tal senso.

Autostrade, Richiesta di Maxi Aumenti

Loading

Le concessionarie: incrementi tra il 3,5 e il 5%. Dossier all’esame del governo

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment