Carla e i soldi anti-Aids, scandalo a Parigi

by Editore | 7 Gennaio 2012 8:10

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PARIGI – «Born Hiv Free». Uno slogan, una maglietta e una modella, Carla Bruni, fotografata il 17 giugno 2010 per sostenere con la propria immagine la campagna del Fondo mondiale contro l’Aids, una banca voluta da Jacques Chirac e finanziata principalmente da due paesi, gli Stati Uniti e la Francia. «Born Hiv Free» può anche riassumere l’impegno della First Lady nella lotta contro il terribile virus, che anni fa le ha strappato il fratello Virginio.
Ma quello slogan e quel Fondo adesso potrebbero imbarazzarla: secondo il settimanale Marianne, il Fondo avrebbe finanziato in maniera sospetta la Fondazione della Bruni e soprattutto avrebbe versato 2,8 milioni di euro a uno dei suoi più stretti collaboratori, senza alcun appalto e senza controlli.
Storia oscura e contorta, in cui gli indizi stentano a trasformarsi in prove decisive. Secondo il periodico, l’anno scorso il consiglio di amministrazione del Fondo avrebbe fatto scattare l’allarme e puntato il dito contro i contratti firmati con Julien Civange, collaboratore e amico della Bruni, testimone di matrimonio della signora Sarkozy con un ufficio all’Eliseo.
Contratti fatti «ai margini della legalità », senza appalti, solo perché Civange era stato raccomandato dall’ex modella, che ha sempre avuto piena fiducia in lui. Il presidente del Fondo, Michel Kazatchkine, ha riconosciuto l’esistenza dei contratti e solo per due dice che potrebbero esserci problemi giuridici. Ma lui stesso, dice Marianne, sarebbe sul punto di perdere l’incarico. L’affare sarebbe scoppiato durante un consiglio di amministrazione svoltosi ad Accra in novembre. Gli americani avrebbero alzato la voce e il rappresentante francese, l’ambasciatore Patrice Debré, «dimissionato» dal governo.
Il Fondo e il ministero degli Esteri francesi hanno smentito la ricostruzione del settimanale. L’ambasciatore sarebbe stato sostituito semplicemente perché c’era bisogno di mettere in consiglio un esperto di gestione più che un tecnico sanitario come Debré. E il Fondo assicura che la campagna «Born Hiv Free» è stata un vero successo per la raccolta di soldi e sarebbe costata meno di quanto afferma il periodico. Ma al di là  dei problemi giuridici, l’inchiesta lascia molte domande senza risposta: se i soldi del Fondo versati a Civange sono serviti per la campagna «Born Hiv Free», il cui marchio gli appartiene, la questione sembra essere più etica che penale. E per il momento Marianne non accusa nessuno di essersi arricchito alle spalle della lotta contro l’Aids.

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