Camera, Pdl e Lega salvano Cosentino lumbard spaccati, decisivi i Radicali

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ROMA – Il silenzio stavolta dura un attimo. «Voti favorevoli 298, contrari 309, la camera respinge» proclama Fini. E metà  aula esplode in un boato. Sono le 14.10, Nicola Cosentino è salvo per la seconda volta. Aula gremita, i banchi del governo deserti. Monti ha riferito in prima mattinata su euro e Ue, poi lui e i ministri (senza diritto di voto) si sono dileguati. Ma fa un certo effetto. 
La roulette russa del voto segreto sorride ancora al ras campano del Pdl, come nel 2009. Lui si alza, quasi barcolla, sperava ma non ci credeva. Fino a pochi minuti prima perfino i suoi temevano di stare cinque sotto. E invece viene travolto dagli abbracci, Alessandra Mussolini dal banco di sotto quasi lo tira giù, Osvaldo Napoli lo strattona. Per l’ex sottosegretario sotto inchiesta per camorra che schiva l’arresto è un trionfo. Per la Lega Nord è la disfatta. Sconfitta la linea dura di Maroni, almeno due terzi dei 59 deputati si attengono alla «libertà  di coscienza» invocata da Bossi. Sospetti si addensano su un nutrito gruppo di centristi Udc, Casini smentisce. I sei radicali voltano ancora una volta le spalle al Pd e dicono no all’arresto. «Con loro sarebbe finita 304 a 303» fa inutilmente di conto il democratico Sarubbi. Silvio Berlusconi resta seduto tra Cicchitto e Alfano, ma gongola dopo aver incassato anche il no al referendum: lo stato maggiore del Pdl gli si stringe attorno e fa segno di vittoria, lo considera il vero vincitore della partita. «È stata una battaglia di libertà  e l’abbiamo vinta» scandisce il Cavaliere. Verdini sembra tornato ai fasti dei successi d’aula al fotofinish. La Santanché entusiasta in Transatlantico: «309 sono numeri da ritorno del governo Berlusconi». Ai 211 del Pdl mancavano all’appello in otto. Alfonso Papa, appena uscito da Poggioreale, abbraccia tutti commosso, come se avessero salvato lui. Cosentino che in mattinata in mattinata aveva già  annunciato le dimissioni da coordinatore campano, in ogni caso, dopo il voto, nel pomeriggio sembra nicchiare. Un richiamo all’ordine da Palazzo Grazioli in serata sembra lo abbia convinto a ufficializzare le dimissioni «irrevocabili». A pranzo “Nick o’ Mericano” era già  a festeggiare in un ristorante coi colleghi napoletani. «Ha vinto la politica» brinda Amedeo Laboccetta, acchiappavoti tra i fedelissimi, che in mattinata aveva provato a convincere perfino Roberto Maroni. 
Berlusconi si allontana da Montecitorio senza trionfalismi antitoghe, comprende che ripercussioni potrà  avere il voto sul suo elettorato del Nord. «Una decisione giusta del Parlamento che non poteva rinunciare a tutelare se stesso – si limita a commentare, quasi con distacco – Il processo continuerà  regolarmente e il parlamentare lo affronterà  da uomo libero». Lo chiama «il parlamentare». E intanto incassa la spaccatura dentro il Carroccio. La riunione mattutina al gruppo tra maroniani e bossiani finisce in bagarre. In aula il leghista Luca Paolini a nome del gruppo fa una difesa a tutto campo di Cosentino, ricorda il caso Tortora e Enzo Carra, anche se ribadisce la libertà  di coscienza. Scende il gelo sul gruppo. Dopo il voto il deputato vicino a Bossi rivelerà : «Almeno 25-30 leghisti hanno votato no all’arresto». Se fosse così, con Maroni sarebbero dunque rimasti in 15-20. Il Senatur lasciando Montecitorio suggella così la giornata: «La Lega non è mai stata forcaiola». Maroni prende le distante e conferma la sua linea. «Non ho condiviso la libertà  di voto. Io ero favorevole all’arresto. Non so se la base capirà . Ma molti voti a favore di Cosentino sono arrivati dall’Udc e dal Pd». Pier Ferdinando Casini, che i suoi hanno visto allontanarsi scuro in volto dopo il voto, non ci sta, replica alle accuse: «Il voto è stato un grave errore politico e l’applauso un suicidio del Parlamento». Quanto ai numeri, «sono evidenti: è la Lega che lo ha salvato: sommando i voti di Pd, Udc, Fli, Idv e Api si arriva a 284, cioè 14 in meno rispetto ai 298 contrari all’arresto». È la tesi anche di Pier Luigi Bersani: «Antipolitica? Bisogna chiedere alla Lega». Di Pietro non va per il sottile, parla di «scambio di voti criminale». Un esito «devastante» per Bocchino di Fli: «Non si lamentino se la gente arriverà  fuori coi forconi». Fuori da Montecitorio la polizia è in tenuta antisommossa. Ma a protestare ci sono solo gli operatori del mondo dell’ippica.


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