Caccia ai furbetti della movida milanese
MILANO – I Navigli, il quartiere Isola, Vittor Pisani, Garibaldi, corso Como, piazza Wagner. Il blitz di verifiche fiscali a tappeto ha colpito ristoranti, bar e discoteche. Come a Cortina erano stati gli albergatori e i possessori di auto di lusso a essere controllati e a Roma i negozianti delle vie dello shopping, a Milano l’Agenzia delle entrate ha deciso di battere i distretti simbolo della movida, con l’aiuto dei vigili che, contemporaneamente, fermavano in strada auto di grossa cilindrata per verificare che fossero intestate ai reali utilizzatori e non, magari, a società . Duecento i locali controllati in quei quartieri dove ogni sera si ammucchiano le auto in seconda fila, dove i cocktail costano 10 euro e non sempre lo scontrino è certo. L’operazione, scattata in simultanea alle 20,30 in tutte le zone più frequentate dai giovani, ha coinvolto più di 200 accertatori dell’Agenzia delle entrate, aiutati da decine di vigili urbani e vigili del fuoco. Gli agenti del Fisco, senza divisa, si sono appostati alle casse di alcuni dei più noti locali annunciando che avrebbero verificato l’emissione di ricevute e scontrini. Un lavoro che si completerà nei prossimi giorni, quando saranno incrociati i dati raccolti con quelli della contabilità passata per rilevare eventuali anomalie. Il confronto verrà fatto con il sabato precedente e con lo stesso periodo dell’anno scorso.
A differenza dei blitz messi a segno a Cortina (condotti da 80 accertatori), poi due settimane fa a Portofino e a Roma (con 250 finanzieri) questa volta il Comune e la polizia municipale hanno partecipato in modo massiccio. I vigili hanno collaborato soprattutto verificando i documenti delle auto incrociati con quelli dei guidatori e dei reali intestatari, e mettendo a disposizione gli agenti del neonato “nucleo tributario” creato dalla giunta Pisapia proprio per combattere l’evasione fiscale. Alle 23 erano almeno duecento le auto controllate. I vigili del fuoco hanno invece verificato che nei locali fossero rispettate le norme antincendio, altro tasto dolente soprattutto nei casi di discoteche improvvisate.
Si è deciso di puntare sulle ore della movida del sabato sera, quando i locali sono tutti pieni. Partiti in sordina alle otto e mezzo, quando non c’era ancora molta gente, i controlli sono andati avanti fino a tarda ora, in molti casi senza che i clienti si accorgessero dei funzionari dell’Agenzia delle entrate seduti ai tavolini. Uno dei primi è stato, ironia della sorte, il ristorante di uno dei massimi dirigenti dell’Unione del commercio, Alfredo Zini. «I controlli ci vogliono – commenta – ma ora mi auguro che li facciano anche di giorno». Nel suo locale, come in molti altri, sono stati interrogati anche i dipendenti, per capire se fossero rispettate le norme sul lavoro. In un indirizzo in zona Navigli gli uomini del Fisco hanno chiesto l’intervento dei vigili per la presenza di lavoratori cinesi irregolari. Molte le discoteche controllate, come l’Eleven, frequentato locale in via De Tocqueville. «Tutte le operazioni di recupero della legalità sono operazioni positive – spiega Franco D’Alfonso, assessore comunale al Commercio, presente ai controlli assieme al collega Marco Granelli – Non credo che Milano sia ai livelli di Cortina, ma spero che questo sia visto come un ulteriore incitamento verso la legalità e non come l’episodio di una guerra, che non c’è. Serve una presa di coscienza collettiva, sono molto fiducioso che ciò possa avvenire». Dura, invece, la reazione a caldo della Lega. A parlare è il capogruppo Matteo Salvini: «Stiamo assistendo a una buffonata. Invece di andare a rompere le scatole a chi fatica in un momento difficile i controllori vadano in duecento a Chinatown, in via Padova e in via Imbonati, dove l’ultimo scontrino è stato visto anni fa. Probabilmente non ci vanno perché temono di prendere botte».
Sotto la lente dell’Agenzia delle Entrate anche il calciomercato, in particolare quella formula tutta italiana delle comproprietà , con la quale le società da una parte si dividono i rischi di investimento sui giovani più promettenti, mentre dall’altra li utilizzano come merce di scambio, per ridurre l’esborso finanziario nelle trattative più complicate. Il Fisco sostiene che nelle operazioni con cui si regolano le “compartecipazioni” i club non abbiano mai pagato l’Iva (che per le società di calcio ha un’aliquota al 21% e presto passerà al 23%). Gli uomini di Befera non si sono limitati a contestate la prassi a loro dire irregolare e gli scambi dell’ultimo calciomercato, ma hanno contestato tutte le operazioni da cinque anni a questa parte. Un affare da centinaia di milioni, che sarebbe deleterio per i bilanci delle società .
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