Bombassei, Riello e Squinzi in corsa per il dopo Marcegaglia

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ROMA – Giorgio Squinzi, patron della Mapei, per lunghissimi anni presidente della Federchimica, è sempre stato il candidato ideale di Silvio Berlusconi per la guida di Confindustria. Ma Squinzi, amico di Fedele Confalonieri anche per via della stessa fede milanista, ha sempre detto di no. Ora Berlusconi non è più a Palazzo Chigi; e Squinzi, invece, è pronto ad accettare la candidatura. Questa è una delle tante contraddizioni della lotta che si è aperta nell’associazione degli industriali per la successione ad Emma Marcegaglia, il cui mandato terminerà  a maggio. Gli altri candidati sono Alberto Bombassei, presidente della Brembo, e Andrea Riello, veneto, il più giovane del trio (ha 49 anni contro i 71 di Bombassei e i 68 di Squinzi), presidente del Gruppo Riello Sistemi. 
È un’altra Confindustria quella destinata a uscire dal voto della Giunta del 19 aprile che designerà  il nuovo presidente: una Confindustria divisa (la Marcegaglia fu la candidata di tutti), con nuove alleanze interne e, per la prima volta, priva del peso della Fiat dopo la clamorosa uscita di Marchionne. Una Confindustria indebolita dalla crisi economica e obbligata a ripensare il suo ruolo. Lo scrive lo stesso Bombassei nel programma con cui, rompendo il rituale che non prevede l’auto – candidatura bensì l’accettazione della “chiamata”, si è presentato direttamente alla base degli industriali: «Siamo invecchiati e sotto molti aspetti rischiamo di non essere più uno dei principali attori del rinnovamento». Un’autocritica severa da chi da otto anni è vicepresidente a Viale dell’Astronomia. Ora della Marcegaglia, prima di Luca di Montezemolo, che lo sponsorizza contro Squinzi. Perché, per adesso, Riello è il candidato del solo Veneto, dove, peraltro, gli industriali tendono a dividersi.
Contraddizioni per contraddizioni, Bombassei è nello stesso tempo il candidato di due protagonisti della scena che mai si sono amati: di Montezemolo e dell’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che certo non vota ma molto si dà  da fare a sostegno del patron della Brembo. Con cui sta l’ala dura confindustriale sul fronte sindacale (dall’Unione di Torino, dove la Fiat è ancora iscritta, al presidente della Confindustria Digitale, Stefano Parisi, fino a Guidalberto Guidi).
Squinzi dovrebbe avere dalla sua la maggioranza dell’Assolombarda (il cui voto è sempre decisivo per salire al vertice) ma non è ancora del tutto chiaro perché Paolo Scaroni, ad di Eni, si è espresso a favore di Bombassei e il presidente di Assolombarda è Alberto Meomartini, presidente di una società  controllata da Snam Rete Gas che appartiene all’Eni. Un groviglio che spiega anche il peso acquistato dalle aziende controllate dal Tesoro nelle vicende confindustriali. E Squinzi, che ha l’appoggio di Unindustria di Aurelio Regina, sarebbe ben visto anche negli ambienti del Pd, data la tradizionale cultura dialogante dei chimici che mai hanno rotto con la Cgil. Squinzi sembrerebbe un po’ in vantaggio. Da fine mese i “saggi” cominceranno la consultazione. E l’esito non è scontato.


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