Benzina Record, sfiora Quota 1,8 euro
ROMA — Il caro-benzina è inarrestabile. Dal primo gennaio sono scattate le nuove accise decise da sei Regioni: Marche (9,1 centesimi a litro Iva inclusa), Piemonte, Liguria e Toscana (per tutte e tre 6,1 centesimi), Umbria (4,1) e Lazio (3,1). I rialzi si sono aggiunti agli aumenti decisi dal governo a dicembre con la manovra (9,9 centesimi a litro per la benzina, 13,6 per il gasolio). Sempre dal primo gennaio in Abruzzo invece è stata abrogata l’addizionale di 3,1 centesimi a litro che era stata aggiunta in precedenza, ma è decisamente una scelta in controtendenza. In questo quadro, i prezzi per gli automobilisti ieri hanno segnato nuovi allarmanti record che rischiano di far impennare l’inflazione: la media nazionale ha sfiorato quota 1,74 euro. In molte zone del Paese il costo è andato però anche sensibilmente sopra questa soglia: 1,79 euro lungo la rete autostradale, dove i volumi di vendita sono altissimi e in teoria i prezzi dovrebbero essere più bassi, «ma l’affitto e la concessione delle aree costa carissimo», dicono i gestori. E ancora sono state segnalate addirittura punte sopra 1,8 euro in vari distributori in Calabria, Sicilia, Puglia, ma anche nel Lazio, in Toscana, in Abruzzo e nelle Marche. Sostanzialmente stabile il prezzo del gasolio (1,7 euro).
L’ondata di rincari secondo i petrolieri avrebbe risentito anche delle turbolenze politiche in Nigeria, dell’incertezza sulle scelte future in politica economica del nuovo governo libico e delle tensioni nel Golfo. Le ricadute dell’aumento dei prezzi della benzina per gli automobilisti «saranno drammatiche», hanno commentato in una nota le associazioni Adusbef e Federconsumatori, secondo le quali «gli italiani al volante spenderanno per i propri pieni di benzina 192 euro in più nel 2012». Il conto rischia di diventare salato però anche per chi non ha la macchina.
Secondo i consumatori, ma anche secondo Coldiretti, infatti, i rincari della benzina avranno un impatto pesante sul commercio in genere e in particolare a tavola. «Con benzina, trasporti e logistica che incidono complessivamente per circa un terzo sui costi della frutta e verdura l’effetto indiretto più evidente del record delle quotazioni dei carburanti è un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e delle bevande in vendita nei supermercati», è la previsione di Coldiretti, visto che l’86% delle merci «viaggia su strada e si stima che un pasto, prima di arrivare sulle tavole degli italiani, percorra in media 2.500 chilometri». E, ancora, «solo nelle campagne il caro-gasolio ha provocato un aggravio di costi stimabile in 250 milioni di euro su base annua, ma a subire gli effetti del record nei prezzi sarà l’intero sistema agroalimentare».
Secondo il Casper (il Comitato contro le speculazioni e per il risparmio che raccoglie Adoc, Codacons, Movimento Difesa del Cittadino e Unione Nazionale Consumatori), «il caro carburanti è dovuto ai 5 aumenti delle accise decisi irresponsabilmente dal governo Berlusconi prima e da quello Monti poi, ma non solo. Le compagnie petrolifere, infatti, continuano ad arrotondare gli incrementi delle imposte, aggiungendoci un ulteriore margine di profitto. Prosegue, inoltre, il solito meccanismo della doppia velocità ed infine, al netto delle tasse, i carburanti in Italia continuano ad avere un prezzo superiore a tutto il resto dell’Europa». Per questo il Casper conferma lo sciopero della benzina proclamato per il 5 e 6 gennaio, «se il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, non convocherà consumatori e petrolieri».
L’Unione petrolifera, dal canto proprio, ieri non è intervenuta nella polemica, ma teme il tracollo dei consumi: già a novembre c’era stato un calo del 3,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Adesso, con l’effetto combinato dei nuovi rincari e dell’impoverimento di famiglie e piccole e medie imprese, i dati di dicembre e soprattutto di febbraio rischiano un drastico peggioramento. Per quanto riguarda i prezzi, secondo i petrolieri con il prelievo fiscale nazionale al livello attuale (70,4 centesimi a litro per la benzina e 59 per il gasolio) c’è in realtà poco margine su cui intervenire: la componente fiscale sfiora infatti il 60 per cento per prezzo totale della benzina, la materia prima assorbe intorno al 30% del prezzo finale, la distribuzione e le spese accessorie invece il 10%. E se il costo al dettaglio al netto delle tasse in Italia risulta più caro rispetto ad altri Paesi, è anche perché «il deficit infrastrutturale fa lievitare il costo della distribuzione».
Secondo Confcommercio, «senza gli aumenti delle tasse la benzina oggi costerebbe 19 centesimi al litro in meno rispetto a un anno fa». Il carico fiscale in Italia è in effetti superiore agli altri Paesi europei: senza considerare le addizionali regionali, su un litro di gasolio da noi le tasse assorbono il 54% del prezzo finale, in Germania il 50%, in Francia il 47,8% e in Spagna il 42,3%. In Italia fra l’altro le addizionali straordinarie imposte per fronteggiare situazioni di emergenza alla fine sono diventate strutturali: quei 70 e passa centesimi di accisa a litro sulla benzina comprendono fra i vari balzelli che si sono stratificati nel tempo le 10 lire che furono aggiunte per ripagare i danni del disastro del Vajont e quelle per la ricostruzione del Belice. E ancora nessuno ha mai pensato di togliere le 2 lire imposte da Mussolini per finanziare la guerra in Abissinia.
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