Battaglia alle porte di Damasco

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GERUSALEMME – Incurante degli appelli dell’Onu, della Lega araba e dell’Occidente, la macchina repressiva del regime siriano di Bashar Assad va avanti verso il suo destino, segnato da dieci mesi di rivolta delle piazze sfociata ormai in una guerra civile. Ieri c’è stata battaglia in decine di città , anche alle porte di Damasco, mentre la Lega Araba ha “congelato” sabato notte la missione dei suoi osservatori proprio per l’escalation della repressione. Il segretario generale della Lega, l’egiziano Nabil Al Arabi, è arrivato a New York dove da giorni si discute di una risoluzione di condanna della Siria, paralizzata dal veto della Russia e l’indifferenza della Cina, nella speranza di poter sbloccare l’impasse e fermare il bagno di sangue. Con Al Arabi c’è Burhan Ghaliun, capo del Consiglio nazionale siriano (Cns).
Ieri il bilancio degli scontri fra disertori e reparti dell’esercito fedeli ad Assad è stato particolarmente sanguinoso con 66 persone uccise, e fra loro 26 civili, portando il bilancio di questi ultimi tre giorni a quasi duecento morti. C’è stata battaglia anche nelle città  nelle vicinanze di Damasco, a Ain Tarma e Kafar Batna, i più duri combattimenti dall’inizio della rivolta. Finora la capitale era stata relativamente risparmiata dalla rivolta contro il regime dove finora – secondo le Nazioni Unite – sono state uccise oltre 5.400 persone. «Il regime nelle ultime 24 ore ha lanciato un’offensiva senza precedenti», dice il comandante Maher Noueimi, portavoce del Libero esercito siriano, la formazione militare sotto cui combattono tutti i disertori, «contro diverse località  nei pressi della capitale». Noueimi denuncia anche le atrocità  commesse contro i civili durante i rastrellamenti. «A Homs è in corso una campagna di terrore per punire la città  che non risparmia né donne né bambini». Sedici cadaveri, denuncia l’Osservatorio per i diritti umani, sono stati abbandonati nelle strade, tutti avevano la mani legate dietro la schiena.
Damasco sente che la pressione internazionale sta divenendo man mano insostenibile. La sospensione della missione della Lega è stata criticata dalla Siria che, attraverso una fonte ufficiale, ha detto di ritenere lo stop un modo per «esercitare pressione sul Consiglio di sicurezza» al fine di «chiedere un intervento internazionale». Prima di partire per New York dove oggi perorerà  la proposta della Lega Araba al Consiglio di sicurezza dell’Onu – che aspira a una transizione pacifica dei poteri a Damasco – El Arabi riferendosi a Russia e Cina ha detto di sperare in «un cambiamento di posizione di questi due Paesi sulla bozza di risoluzione che dovrebbe adottare il piano arabo». Il piano – ha sostenuto il premier del Qatar, lo sceicco Hamad Ben Jassem Al-Thani che accompagna Al Arabi a New York – assicurerà  una «partenza pacifica» del regime siriano, cioè l’esilio in Arabia saudita o in Iran per Assad e i suoi. Il Qatar è pronto a riportare sul tavolo la proposta di far intervenire «soldati arabi» per difendere la popolazione civile, che aprirebbe la strada all’intervento internazionale.


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