Basta mastodonti nella cristalleria

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Il naufragio della Concordia deve farci riflettere sui danni che un traffico marittimo sempre più intenso e poco controllato, può causare in territori marini e costieri così ricchi, oltre che di località  turistiche, di veri gioielli di natura. Se si fosse verificato uno sversamento di carburante dai serbatoi della nave (più di 2.000 tonnellate di vischioso e nero olio pesante) e se il mare fosse stato, come capita d’inverno, agitato o in burrasca, non so cosa sarebbe potuto avvenire ai tesori paesistici e naturalistici di questi luoghi. La costa maremmana e le isole toscane sono un concentrato di aree di valore inestimabile. Basti pensare al Parco nazionale dell’Arcipelago che, partendo dalla Gorgona, passando per Capraia, Pianosa, Montecristo, Giglio e Giannutri, forma una mezzaluna islamica con al centro la stella costituita dall’Elba. E al litorale con i promontori dell’Argentario, dei Monti dell’Uccellina nel Parco regionale della Maremma, di Punta Ala, di Populonia col Golfo di Baratti. E le Riserve naturali Oasi Wwf di Burano, Orbetello, Orti Bottagone, la nidificazione del rarissimo gabbiano corso al Giglio, i nidi dei falchi pellegrini su tutti gli scogli e gl’isolotti, le palme nane abbarbicate alle falesie, le capre selvatiche di Montecristo. Senza contare balene e delfini che popolano il Santuario internazionale dei cetacei, e la foca monaca che si fa vedere nelle acque di Capraia. Una vera cristalleria in cui i pachidermi navali passano con precauzione ma non senza incidenti. Penso ai veleni scaricati pochi giorni fa nelle acque della Gorgona, al Santuario dei cetacei popolato da balenottere e capodogli in cui l’unico divieto riguarda le gare di offshore, penso ai tanti immensi portacontainer e petroliere che sfilano davanti all’Argentario e il cui arresto, in caso di avaria, richiede miglia. E credo che, pur non prevedendo la possibilità  di un cambiamento degli itinerari turistici e commerciali da e verso Genova, Livorno e Civitavecchia facendoli passare al largo dell’Arcipelago, pure una definizione di rotte certe e un più severo controllo dei percorsi potrebbe, assieme ad altri accorgimenti ecologici già  presenti in molti natanti, scongiurare, almeno in parte, disastri come quello del Giglio.


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