by Editore | 13 Gennaio 2012 9:03
O l’11% in più, nel caso delle assicurazioni automobilistiche. È l’esito paradossale che potrà avere l’applicazione di una recente sentenza della Corte di giustizia Ue, secondo un’indagine affidata al centro di ricerca «Oxera» di Oxford e Bruxelles e presentata dalla Federazione degli assicuratori europei.
Il paradosso ha radici stagionate, risale al 13 dicembre 2004, giorno in cui la direttiva europea 113 stabiliva appunto la parità fra uomini e donne anche nella fornitura e nell’accesso ai beni e servizi. Tutti uguali, tranne che in un caso. La direttiva conteneva infatti una deroga: consentiva agli Stati di poter applicare il criterio del genere sessuale al calcolo dei premi assicurativi. Risultato: in fatto di polizze, le signore pagavano — anzi pagano — un po’ meno. Non per misantropia, o per pelosa compiacenza dei governi verso le loro cittadine. Per precise ragioni statistiche: le donne vivono più a lungo, causano meno incidenti, sono meno litigiose al volante. Ma nello scorso marzo, ecco il preannuncio della marcia indietro: la Corte di giustizia europea ordina la fine della deroga e sancisce il «niente sconti». Il nuovo corso, con prezzi «unisex», partirà dal 21 dicembre 2012. E secondo il rapporto Oxera, la svolta-ribaltone potrebbe tradursi appunto in un «boomerang».
Chi ha sbagliato? La direttiva 113 era sacrosanta, la sentenza della Corte pure, ma il risultato finale può essere quel «boomerang». A riprova del fatto che la parità vera non si lascia imbrigliare in una formula politica, in un listino prezzi. Ma forse ha ragione anche Patrizia Toia, eurodeputata socialista che ha analizzato il problema con la collega Zita Gurmai: «Per ogni discriminazione a favore delle donne, ce n’è venti contro. E di solito, la prima è nata proprio per controbilanciare le altre…».
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