America Latina. La visita di Ahmadinejad irrita Washington
La storia é troppo lunga per essere descritta per intero, ma le mosse più recenti sono di quelle in grado di scombussolare i piani dell’avversario, costringendolo a calare la contromossa. Il programma di arricchimento dell’uranio voluto dal presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha messo in allerta il mondo intero, provocando l’immediata reazione delle potenze occidentali, culminate in sanzioni adottate da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, oltre che in una serie di veti imposti dagli Stati Uniti. Sanzioni e veti etichettati a più riprese dal governo iraniano come “spazzatura”.
Lo scorso 2 gennaio, Ahmadinejad ha annunciato il successo delle operazioni militari nello Stretto di Hormuz, punto strategico del Golfo Persico appartenente all’Iran. Contemporaneamente, il recente report elaborato dall’Agenzia Internazionale di Energia Atomica (AIEA) sulla potenziale pericolosità del programma di proliferazione nucleare intrapreso da Teheran, ha convinto l’Unione Europea a riunire il Consiglio dei ministri degli affari esteri il prossimo 30 Gennaio, per decidere nuove sanzioni contro l’Iran. Tra queste, il possibile embargo sul petrolio persiano. Considerando come l’80% dell’economia iraniana dipenda dall’esportazione di greggio (l’Iran é il secondo esportatore tra tutti i paesi OPEC), la decisione é di quelle in grado di mettere in ginocchio un paese. Per tutta risposta, da Teheran hanno fatto sapere di essere pronti a chiudere lo Stretto di Hormuz, crocevia fondamentale del traffico petrolifero attraverso il Golfo Persico. Da qui transita il 35% di tutto il petrolio mondiale. Per Obama, si tratta di una “provocazione inaccettabile”.
Sempre più isolato, soprattutto un periodo dove gli alleati storici come il presidente siriano Bashar Assad non stanno passando un momento facile, Ahmadinejad ha voluto comunque dare al mondo un segnale forte. Il suo recente viaggio in America Latina va letto in questo senso: nonostante i veti e le sanzioni, l’Iran non é solo ma può contare sulla collaborazione di paesi amici e per di più nel continente americano, ovvero a pochi passi dal nemico.
La visita ufficiale in Venezuela, Ecuador, Cuba e Nicaragua ha rinforzato l’alleanza tra paesi dichiaratamente ostili a Washington. Tra strette di mano, sorrisi e pose per i fotografi, il tour del leader iraniano in terra latina si é svolto all’insegna del rafforzamento commerciale interoceanico e del consolidamento di nuove relazioni bilaterali.
In Venezuela, prima tappa della trasferta latina, il carismatico leader ultra socialista Hugo Chavez ha accolto il suo pari iraniano da eroe. Nel nome dell’intesa anti imperialista a stelle e strisce, il leader venezuelano ha confermato il proprio appoggio al programma nucleare iraniano, poiché lo stesso avrebbe, nelle parole di Chavez, unicamente un fine pacifico. In contropartita, Teheran sta appoggiando Caracas a certificare i propri depositi di uranio e procederà alla consegna di una petroliera iraniana di 113 mila tonnellate.
Tra Iran e Cuba, i buoni rapporti sono ulteriormente cresciuti negli ultimi anni, come conferma il credito di 700 milioni di dollari concesso all’isola caraibica per l’acquisto di infrastrutture idriche e prodotti agricoli. In cambio, Cuba ha fornito il proprio riconosciuto know how per la costruzione di un centro di investigazione e produzione biotecnologica in Iran. Assieme a Siria e Sudan, Cuba e Iran sono parte dei quattro paesi identificati dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti come fiancheggiatori del terrorismo internazionale.
In Nicaragua, Daniel Ortega, fresco di terzo mandato presidenziale, ha ottenuto rassicurazioni sull’impegno iraniano a cofinanziare progetti di sviluppo come la costruzione di un porto interoceanico e di un impianto idroelettrico.
In Ecuador, la riunione con Rafael Correa ha dato nuovo lustro ai numerosi accordi di cooperazione tra il paese andino e quello asiatico nel campo dell’agricoltura, della tecnologia, delle risorse rinnovabili e della salute. A Quito, nel suo discorso pubblico davanti alla folla e i giornalisti, Ahmadinejad ha fatto riferimento alle recenti sanzioni occidentali sottolineando come “la comunità internazionale sa che le potenze egemoniche non sopportano il progresso di altri popoli indipendenti. Il problema dell’Iran non è il programma nucleare, il problema sono il progresso e la indipendenza”.
Incassato l’appoggio dei quattro paesi andini al proprio programma di proliferazione nucleare e lanciato il messaggio di sfida agli Stati Uniti, Ahmadinejad ha fatto ritorno in patria provocando l’irritazione di Washington. Dalla Casa Bianca è partito un monito contro Venezuela, Cuba, Nicaragua ed Ecuador, per aver rafforzato le proprie relazioni con il regime degli ayatollah. Per Ileana Ros-Lehtinen, congressista repubblicana della Florida e presidente cubana-statunitense della commissione Esteri della Camera “le ampie alleanze economiche e in materia di difesa dell’Iran con i regimi di Castro, Chavez, Ortega, e Correa presumono un pericolo per la democrazia e la stabilità nella regione”.
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