Alle imprese Usa piacciono i 50enni

Loading

NEW YORK – E’ il boom dei baby boomers. Mentre l’America del “giovane” Barack Obama arranca per abbassare la soglia della disoccupazione, negli Usa si registra lo straordinario boom dell’occupazione tra gli over 55. I numeri fanno impressione. La quota degli occupati di una certa età  è cresciuta addirittura del 12 per cento per un totale di 3,1 milioni di persone. E indovinate da quando? Proprio dall’inizio di quella Grande Recessione che negli ultimi quattro anni ha strangolato l’indice dell’occupazione – che solo nell’ultimo mese è finalmente sceso sotto la temibile soglia del 9 per cento. Per avere un’idea basti considerare che nello stesso periodo la percentuale degli occupati nella fascia d’età  tra i 25 e i 54 anni è scesa praticamente della metà : 6,5 per cento. E quasi la metà  di forza lavoro ha infatti perso il posto: 6,5 milioni. Il fenomeno riguarda perfino quella che una volta si sarebbe chiamata la terza età : la prcentuale degli ultra 75enni tornati al lavoro è superiore a quella precedente la crisi.
Che succede? Alicia Munnel, la direttrice del Center for Retirement Research di Boston, lo dice chiaro e tondo al Washington Post: «La paura è uno strepitoso motivatore: molta di questa gente sta semplicemente tenendosi stretto il proprio posto di lavoro con le unghie». Un sondaggio dell’Aarp – una sorta di associazione pensionati che raccoglie negli Usa 40 milioni di persone – mostra che il 57 per cento degli ultra cinquantenni è meno fiducioso rispetto a prima della crisi sulla possibilità  di avere abbastanza soldi per vivere degnamente con la pensione. E il 61 per cento sostiene senza mezzi termini che i propri risparmi sono crollati con la recessione. Il problema però non è solo la crisi che non passa. Già  nella cultura economica americana la nozione di pensione ha solo vaga rassomiglianza con quella dell’Europa cresciuta all’ombra del welfare.
La regola era: si lavora fin che si può. Che in molti casi voleva dire fino alla tomba. Ma quando lentamente si è poi sviluppata una cultura dell’assistenza a complicare le cose c’è stata la rivoluzione di Ronald Reagan. Che ha stravolto il mercato rendendo più allettabile, per esempio, il ritiro a 70 anni: che sarebbe stato più ricco. Il colpo finale è stato dato dal rapido sviluppo delle pensioni private: è il lavoratore stesso a decidere i livelli di contributo in questi veri e propri “piani di investimento” che spostano ancora più in là  – causa appunto la crisi – l’età  giusta per il ritiro.
Così l’America che lavora è diventata sempre più grigia. Ma è sempre la crisi a dettare l’ultima legge: c’è più gente over 50 che ha bisogno di lavorare che posti disponibili. Anzi. Proprio il boom dell’occupazione dei baby boomers ha portato nello stesso periodo a raddoppiare anche la percentuale dei disoccupati nella stessa fascia: dal 3,2 per cento nel 2007 al 6,2 per cento nel 2011. E’ sempre boom tra i baby boomers: ma purtroppo va nel senso opposto.


Related Articles

Tassi, trema il «re» della Banca d’Inghilterra

Loading

Mervyn King nel mirino per lo scandalo delle quotazioni manipolate

Chrysler salva i conti del gruppo Fiat

Loading

Ricavi in crescita a 20 miliardi. Marchionne: “Trimestre incredibilmente positivo”    

Le pensioni dei precari e il futuro dei ragazzi

Loading

«Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati, rischieremmo un sommovimento sociale». Così qualche mese fa dichiarava, a margine di un convegno, Antonio Mastrapasqua, presidente dell’Inps. E dunque, per evitare il deprecato sommovimento sociale, in alto è stato deciso che i precari non potranno, come gli altri lavoratori, avere accesso dal sito dell’Inps ai dati che simulano le loro future prestazioni pensionistiche.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment