Via libera agli osservatori
Ieri al Cairo, le autorità siriane hanno firmato il protocollo della Lega araba che prevede l’invio di osservatori arabi a Damasco. Lo ha annunciato il ministro degli esteri siriano, Walid al-Muallim, precisando che gli osservatori avranno «accesso ai punti caldi ma non agli obiettivi militari sensibili». Un primo gruppo, composto da esperti in sicurezza e di questioni legali e amministrative, sarà in Siria «nell’arco di due o tre giorni», ha precisato il segretario generale della Lega araba, Nabil al-Arabi, definendo l’accordo «un passo avanti verso la fine della crisi». La missione durerà un mese, ma potrà essere rinnovata.
Il capo della diplomazia di Damasco ha spiegato che il suo governo ha accettato di firmare il documento «dopo l’aggiunta di alcune modifiche alla prima formulazione del testo. Quello della sovranità siriana – ha detto – era il tema di confronto sul protocollo». Il ministro ha precisato che «alcuni paesi arabi volevano l’internazionalizzazione della questione siriana», per cui in un primo momento «il nostro rifiuto alla firma del protocollo era definitivo, ma poi le cose sono cambiate». Sul tavolo, c’era la questione delle sanzioni «Chi vuole il bene della Siria e del suo popolo – ha affermato al-Muallim – non ci impone sanzioni economiche e cerca di internazionalizzare la nostra crisi». Damasco ha accettato il piano della Lega Araba «dopo il consiglio della Russia», mentre la Cina ha rivolto un plauso «al duro lavoro di Mosca per risolvere la crisi siriana».
Mosca, fedele alleato di Damasco e interessata a difendere i suoi importanti interessi strategici nella regione, giovedì ha presentato all’Onu (che ieri ha emesso una nuova condanna per le violenze in Siria) un progetto di risoluzione in cui chiede a «tutte le parti in Siria di interrompere immediatamente qualsiasi forma di violenza». Un segno che anche la diplomazia moscovita (la Russia ha di recente incontrato a Parigi l’opposizione siriana più dialogante) sta preparandosi al dopo-Assad: anche coltivando le sue buone relazioni con la Turchia, in prima linea nella partita. Un piano per evitare la guerra civile e lo scontro intercomunitario in Siria e la destabilizzazione dell’area: uno scenario evocato anche dall’ex vicesegretario all’Onu, l’americano Michael Williams, il quale – sul Financial Times – ha parlato di una possibile esplosione della Siria, simile a quella della Jugoslavia.
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