Una questione di civiltà 

by Editore | 31 Dicembre 2011 7:28

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Perché in qualsiasi modo l’analizziamo appare sempre più chiaro che se da essa non usciremo attraverso una redistribuzione della ricchezza che ristabilirà  nei suoi pieni poteri una democrazia reale, il nostro futuro rischia di andare verso derive autoritarie sicuramente catastrofiche. Il problema supera i confini italiani ma ci riguarda in modo particolare perché evoca lo spettro della pagina più nera della storia nazionale: il fascismo. Forse la storia non si ripete ma le catastrofi, che la interrompono, sì. Freud diceva che la spinta costruttiva (Eros) e la spinta distruttiva (Thanatos) coesistono nell’uomo, come forze innate, e dal loro amalgamarsi dipende il suo equilibrio psichico nonché lo sviluppo della civiltà . Il discorso di Freud può essere modificato. La spinta costruttiva in noi è composta ugualmente di amore e di odio (che non è in sé una forza distruttiva). Se questa spinta fallisce l’odio può essere sostituito dalla distruzione. Il fallimento ha origini sociali e ha sempre a che fare con una destabilizzazione profonda dei rapporti di scambio (culturali, affettivi e economici). Il disfunzionamento dello scambio tra noi è gli altri danneggia in modo grave la rete del reciproco sostegno e arricchimento che regge la nostra posizione nel mondo e crea ansie persecuorie e il rigetto della diversità . In condizioni estreme l’esito è uno scontro senza limiti che impone il diritto del più forte. Le catastrofi seguono sempre la stessa strada: diffidenza nei confronti dell’altro (xenofobia), aggressione, nichilismo (il momento irreparabile quando nel distruggere l’altro si uccide la parte di noi che lo desidera). L’altro è concostitutivo del nostro desiderio e della nostra soggettività . Lo amiamo sfrenatamente, perché possiede ciò che non fa parte di noi e lo odiamo perché resiste all’egoismo naturale del nostro desiderio. Ma lo proteggiamo pure dalla nostra passione perché l’odio che ci fa scoprire la sua resistenza ci fa anche scoprire che è questa resistenza che lo rende vivo e desiderabile (e non un manichino da manipolare privo di vita propria). La responsabilità  nei confronti dell’altro come difesa della nostra possibilità  di desiderarlo è la condizione principale di una posizione etica nei confronti della vita e, contemporaneamente, il fondamento della civiltà  umana e della sanità  psichica. Se, come tutti pensano, la crisi attuale ripropone il rischio dell’implosione economica e sociale verificatasi alla fine degli anni venti del secolo scorso, che ha condotto alla catastrofe umanitaria più grave di tutta la storia, è evidente che ripropone anche il rischio di quella catastrofe. L’ equità  non è solo un ammortizzatore sociale (contenimento delle tensioni) o di convenienza economica (riequilibrio della domanda). Esprime un riequilibrio nella distribuzione del potere, uno spostamento verso una maggiore giustizia sociale (che non è un valore astratto ma una fondamentale esigenza psichica). Ci allontana da un circuito vizioso tra produzione di ricchezza e incapacità  di usarla perché questa ricchezza, sempre di più nelle mani di pochi, svuota di senso gli oggetti desiderati e rende la relazione con essi parassitaria. La Camusso ha ragione: l’articolo 18 e la patrimoniale sono questione di civiltà .

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