Una cosa sola è sicura: il sistema politico cambierà
Se il 2011 è stato l’anno in cui la Russia ha perso la fiducia apparentemente inossidabile che aveva nel suo uomo forte e ha imparato a dire «no» nelle piazze senza paura, il 2012 non potrà non essere l’anno in cui il sistema di potere vigente nel Paese verrà concretamente cambiato, e in modo profondo. Come, è un altro discorso: oggi del tutto aperto e probabilmente destinato a restare tale fin dopo le elezioni presidenziali del 4 marzo prossimo quando Vladimir Putin, ammesso che venga eletto (e non è così scontato) si troverà a fare i conti con un Paese in subbuglio e assai poco propenso a farsi trattare da gregge e con un apparato dello Stato in crisi totale.
Mai come in questa fine d’anno, del resto, è stato forte lo scarto tra un Paese reale che prosegue nel bene e nel male come al solito – e in questo «solito» rientra pienamente anche l’ennesimo disastro militar-tecnologico provocato da corruzione, incuria e insipienza – e una società politica, formata da alcune élites dirigenti ma anche dai cittadini più sensibili e dinamici, che cerca invece le strade per un rinnovamento vero. Decine di migliaia di russi scendono nelle piazze per protestare e chiedere pulizia e trasparenza, ma devono ancora trovare il modo di convincere e trascinarsi dietro una larga massa che nell’opacità e nelle relazioni corrotte ha trovato il suo modus vivendi e ha paura dei cambiamenti; allo stesso modo i dirigenti più accorti, compresi Putin e Medvedev, si affannano a studiare modifiche di sistema che diano più efficienza e solidità alla mastodontica macchina che è la Russia, ma si scontrano con l’inerzia e la caparbia grettezza di uno sterminato esercito di funzionari, amministratori, ufficiali che non intendono rinunciare neanche in minima parte al bottino delle tangenti, delle bustarelle e delle «creste sulla spesa» che li hanno fatti ingrassare da generazioni, anzi da secoli.
Questo scarto, a tutti i livelli, si sta ampliando e potrebbe in brevissimo tempo provocare un terremoto di portata imprevedibile – e anche di estrema pericolosità , se i suoi dirigenti dovessero perdere il sangue freddo e non riuscire più a gestire i cambiamenti.
Vladimir Putin, sulla carta, non dovrebbe avere autentici rivali in grado di batterlo alle elezioni. Anche se il suo gradimento popolare è sceso sotto il 40%, resta pur sempre il candidato più favorito e davvero non si vede, oggi, chi potrebbe sfidarlo vittoriosamente in un ballottaggio. Ma intanto la prospettiva di una vittoria al primo turno (con più del 50% dei voti), data per certa fino a pochi mesi fa, è adesso diventata una chimera; mancano ancora due mesi, e i cittadini elettori russi hanno dato mostra di quanto in fretta possano cambiare opinione: non è detto per niente che il 4 marzo sera il candidato Putin risulti al primo posto. E in quel caso, che succederebbe? L’elefantiaco Stato putiniano – servizi, polizia, forze armate, partito, amministrazioni civili, aziende statali – è in grado di accettare l’arrivo di un presidente «altro», sia esso un comunista o un liberale occidentalizzante, senza fare di tutto per impedirlo? E i cittadini russi, sarebbero capaci di mandar giù tranquilli un altro turno elettorale, quello decisivo, falsato da brogli massicci? E se la vittoria dovesse andare a un candidato della destra nazionalista e xenofoba? Domande inquietanti, risposte impossibili. In tutte queste prospettive, è chiaro che la Russia si avvierebbe al disastro.
Ma anche se le elezioni fossero vinte, da Putin o da chiunque altro, in modo limpido e nella trasparenza più assoluta, cosa peraltro molto difficile da realizzare e ancor più difficile da far credere alla gente anche se vera, i cambiamenti in vista sarebbero enormi. In pratica, ci si arriverebbe avendo messo in crisi tutto il funzionamento della struttura statale così com’è andata costruendosi in questi ultimi dieci anni e anche una larga quota dei massimi dirigenti – i fedelissimi, quelli pronti a tutto per coprire le spalle al capo supremo – dovrebbero essere messi da parte bruscamente. Tutti i peggiori intrighi e le peggiori manovre di palazzo verrebbero allo scoperto e far funzionare tutto l’apparato senza il ricorso ai «soliti» metodi e personaggi sarebbe un’impresa veramente ardua.
Related Articles
Una strage di donne
Migranti. Ennesima tragedia nel Mediterraneo. Un barcone affonda a 20 miglia dalle coste libiche, dieci le vittime, tutte donne. Ad Augusta i resti del peschereccio affondato ad aprile del 2015
Hollande non voleva Netanyahu a Parigi
Hollande ha cercato invano di tenere lontano il premier israeliano, Netanyahu ha imposto sua presenza, l’Eliseo ha risposto estendendo l’invito al presidente palestinese Abu Mazen
Funerali del popolo per Fidel, il Líder Máximo. Poi le ceneri attraverseranno Cuba
Anche le «Dame in bianco» si fermano per il lutto