Un kamikaze dietro l’altro. Riunione chiave del governo
A otto giorni dalla partenza degli ultimi soldati Usa, il 18 dicembre, l’Iraq scricchiola. Prima lo scontro sunniti-sciiti riesploso con il mandato d’arresto contro il vice-presidente sunnita Tareq al Hashemi accusato di «terrorismo», col premier sciita Nuri al Maliki che ha chiesto al parlamento di ritirare la fiducia al vice-premier sunnita Salih al Mutlaq, che aveva definito il capo del governo «un dittatore peggiore di Saddam Hussein». Poi la serie di spaventosi attentati che hanno scosso Baghdad: 14 esplosioni, 63 morti, 180 feriti. Quindi, domenica, sei membri delle forze di sicurezza uccisi in due provincie a maggioranza sunnite, quella di Salaheddin e Al Anbar. Ieri ennesima giornata di sangue: un kamikaze alla guida di un’autobomba si è schiantato contro la sede del ministero dell’Interno nella capitale irachena uccidendo almeno 6 persone e ferendone altre 30. Oggi ci sarà un test-chiave: la riunione settimanale del governo. La tensione potrebbe acuirsi se i ministri del partito sunnita-laico Iraqiya, a cui appartengono Hashemi e Mutlaq, decideranno di boicottare la riunione. A rendere più difficile la soluzione della crisi anche la richiesta di sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni da parte del gruppo parlamentare del capo radicale sciita Moqtada Sadr che conta 40 deputati. Le ultime elezioni legislative in Iraq si sono svolte a marzo del 2010.
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