by Editore | 24 Dicembre 2011 7:30
Dai volantini sindacali ai saggi, dai libri di poesia alla letteratura, dai comizi a Mirafiori (come segretario della V Lega Fiom) di ieri, ai dibattiti culturali di oggi sul suo ultimo libro, Cuore vuoto (Aletti editore, pp. 234, euro 15,50). Virginio Giovanni Bertini ha sempre usato la parola come grimaldello per scardinare i luoghi comuni della cultura dominante. Il suo ultimo lavoro, un noir sociale, è un esempio di utilizzo intelligente del tempo liberato dalla pensione. Una vita, quella di Bertini, trascorsa prima in Fiom a Torino e poi in Cgil nella sua città , Lucca, un luogo magico dalle molte facce, solidale e conservatrice, ospitale ma chiusa al tempo stesso, che ben si presta ad accogliere la storia di Lisa. Una donna di sinistra, (dunque) complessa, finita per caso dentro una vicenda terribile iniziata in una notte di angoscia con il ritrovamento del corpo di un uomo ammazzato e semisepolto proprio nel bosco che si appoggia alla sua casa. Lisa, «cuore vuoto», è un’insegnante le cui origini oscillano tra il ’68 e il ’77 e di queste due calde e disperate stagioni si porta sulle spalle e nei sentimenti i segni e la cultura. Le indagini sull’omicidio sono guidate da un’altra figura complessa, il commissario Vozzo, anche lui oscillante, tra lo sbirro che non vuol essere e quel che non è riuscito a rimanere. I due personaggi si erano conosciuti in altri anni e in contesti ben diversi, una da un lato delle manifestazioni e uno dal lato opposto, nonostante la sua volontà .
Il contesto, più ancora della storia e delle indagini in sé, fa il romanzo e rappresenta la parte costitutiva in una continua ricerca di senso schiacciata da un bilancio esistenziale, affettivo e politico, doloroso. Il contesto è la crisi di una cultura e delle comunità che ne sono state protagoniste, trent’anni fa durante i 35 giorni alla Fiat che sono lo spartiacque tra due epoche, così come nell’oggi globalizzato in una fabbrica di calzature. Dunque le indagini di Vozzo sul crimine, anzi sui crimini, rimbalzano tra una resa dei conti sociale che riconsegna al padrone tutte le leve del comando e la fuga di un padroncino che a ferragosto chiude la baracca e licenzia i «burattini», trafuga le macchine per trasferirle in un altrove dove il lavoro umano vale ancora meno che nell’Italia di oggi. Tra due cadaveri, un amore finito, un’amicizia ritrovata, la vita di Lisa si trascina verso il dramma finale, alleviato soltanto dal ritrovamento del rapporto con un figlio segnato anch’egli dalla difficoltà del vivere. E la fine per Lisa arriva proprio quando, finalmente, pensava di aver ritrovato un senso intravedendo un futuro possibile dentro un progetto di vita condiviso.
Cuore vuoto è un romanzo che prende il lettore. Per chi ha una storia radicata tra il ’68 e il ’77 è un tuffo, forse un po’ troppo amaro, dentro le contraddizioni di stagioni che promettevano più di quello che sono riuscite a dare. O di quanto, in tanti, si sia riusciti a raccogliere.
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