Tutto quel silenzio che ostacola la civiltà 

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Stare al mondo con un corpo sessuato, quindi non solo diverso per maschi e femmine, ma attrezzato per l’attività  sessuale, è una caratteristica così irrilevante dell’essere umano da essere oggetto esplicitamente o implicitamente di azioni educative. Il silenzio, come e più della semplice repressione, è un atto educativo potente, che consegna alla clandestinità  emozioni, interrogativi, desideri, impedendo che vengano elaborati in modo riflessivo. Far diventare l’educazione sessuale una azione educativa esplicita da parte dei genitori e della scuola, e continuativa lungo tutto l’arco della crescita, aiuterebbe a maturare concezioni meno stereotipiche dell’appartenenza sessuale e dei rapporti tra i sessi. Aiuterebbe anche a integrare in modo armonico l’appartenenza sessuale e la sessualità  nel proprio sviluppo complessivo. In questa prospettiva, l’educazione sessuale è molto più che le pur necessarie informazioni di tipo tecnico-andro-ginecologico cui è spesso ridotta. Nel rispetto del tipo di competenza e domande, insieme cognitive ed emotive, proprie di ogni età , è un’opera soprattutto di costruzione di senso, rispetto al proprio posto nel mondo e nelle relazioni, alla propria e altrui diversità , alle proprie emozioni.
Lasciare nel non detto e non dicibile queste domande e le emozioni in cui sono intricate, peggio ancora censurarle come inappropriate, non aiuta a crescere. Non aiuta neppure a sviluppare un atteggiamento insieme equilibrato e rispettoso nei rapporti – non solo sessuali – tra i sessi e nei confronti di chi ha un orientamento sessuale non standard rispetto alla propria appartenenza di sesso. Tantomeno aiuta a difendersi da rapporti incestuosi e da richieste pedofile. Perché se la sessualità  non è detta e non viene riflessivamente integrata nella costruzione di sé, si è abbandonati solo alle pulsioni proprie ed altrui. E la distinzione tra offerta di amore e sfruttamento di una posizione di potere sparisce per mancanza di strumenti di elaborazione.
Chi teme, od ostacola, l’educazione sessuale, intesa come accompagnamento riflessivo alla comprensione del proprio essere al mondo come soggetti sessuati, ha lo stesso atteggiamento che i conservatori avevano un tempo nei confronti dell’istruzione delle classi subalterne, o delle donne: meglio non fornire mezzi di conoscenza, perché potrebbero indurre a cambiare il proprio stato, a criticare lo status quo. Si teme che l’educazione sessuale incentivi all’attività  sessuale e, persino, suggerisca l’omosessualità  a chi, nell’ignoranza, rimarrebbe tranquillamente eterosessuale. Il fatto è che i ragazzi hanno una attività  sessuale a prescindere dalle informazioni che ricevono. Avere strumenti di informazione e di auto-riflessione li aiuterebbe a collocare meglio le esperienze che fanno nel loro percorso complessivo di costruzione dell’identità . Li aiuterebbe ad essere più liberi non solo o tanto da prescrizioni che comunque disobbediscono, ma dalle pressioni dei pari e dal giudizio altrui su ciò che è normale e ciò che è deviante.
Da questo punto di vista, appare comprensibile, ma anche molto preoccupante, la denuncia pronunciata dal papa il gennaio scorso in occasione del discorso di inizio anno al corpo diplomatico. Secondo Benedetto XVI, “l’educazione sessuale e civile impartita nelle scuole di alcuni paesi europei costituisce una minaccia alla libertà  religiosa”, perché “riflettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà  riflettono una antropologia contraria alla fede e alla retta ragione.” Se una visione dell’essere umano come intero, ove l’appartenenza di sesso e la sessualità  non sono concepite come disgiunte dalla conoscenza e riflessività  – e queste da quelle – è contraria alla fede cattolica, è un problema di quest’ultima. Per altro, si sono visti i guasti di questa separazione, dell’ignoranza e mancanza di rispetto che ha generato, dentro e fuori la Chiesa cattolica. Ma l’accostamento, per certi versi sorprendente, dell’educazione sessuale all’educazione civile, senza volerlo, segnala come la posta in gioco sia davvero la formazione di persone, cittadini, consapevoli e competenti, capaci di valutare e decidere autonomamente, sul piano privato della sessualità , come su quello pubblico della vita associata.


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