Tre miliardi per difendere le pensioni dall’inflazione

by Sergio Segio | 11 Dicembre 2011 8:16

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Adeguare la pensione al costo della vista anche ai pensionati che percepiscono tre volte quella minima, pari a 468 euro (6.084 annui), ipotesi di modifica della manovra Monti allo studio in queste ore in Parlamento, significherebbe mettere sotto copertura 11 milioni di pensionati, circa il 68,7% della platea complessiva. Si tratta della proposta avanzata dalla commissione Lavoro della Camera, e apprezzata dal viceministro Michel Martone, dal costo, secondo quanto emerge dai lavori parlamentari, di quasi 3 miliardi di euro nel prossimo biennio. Sempre che si voglia concedere una rivalutazione al 100% rispetto al tasso applicato attualmente che, come è noto, non è pari a quello dell’inflazione, ma inferiore. Per l’anno prossimo l’adeguamento al costo della vita previsto è del 2,7%, mentre l’ultimo dato dell’inflazione tendenziale quello di ottobre è pari al 3,4%. I conti in tasca. Perciò, facendo un po’ di conti in tasca ai pensionati, si può desumere che i circa 4 milioni che oggi percepiscono la minima, riceveranno senz’altro un adeguamento annuo lordo di 164 euro. Allo stesso modo la manovra Monti consentirebbe già  a coloro che prendono il doppio della minima, cioè 12.168 euro annui, d’intascare 325 euro lordi. Sono in bilico invece, per ora i 494 euro che dovrebbero ottenere i pensionati con la pensione tripla rispetto alla minima (18.250 euro lordi annui). Mentre sembra difficile che i 5 milioni di pensionati che godono di un trattamento pari o superiore a cinque volte la minima possano incassare come minimo i loro 656,5 euro nei prossimi due anni. Contributo di solidarietà . Anzi, i percettori delle pensioni più pesanti potrebbero essere chiamati a contribuire in parte al recupero dei miliardi necessari a allargare la platea dei perequati, tramite un aumento del contributo di solidarietà . Il meccanismo potrebbe essere quello di un incremento della quota di prelievo per quelle pari almeno a 20 volte il minimo Inps (oltre 120 mila euro annui). Molto popolare anche l’idea di andare a attingere dal trattamento dei «baby-pensionati». Tutte ipotesi che lasciano freddi i sindacati che si preparano allo sciopero di domani: «Noi abbiamo proposto al limite di intervenire su quelle superiori ai 95 mila euro – afferma Ivan Pedretti, segretario nazionale Spi Cgil -. Ma sarebbe meglio andare a prelevare le risorse in un ambito diverso da quello del lavoro e delle pensioni, per esempio dai capitali scudati o dalle rendite finanziarie. Non bisogna dimenticare che per i pensionati la mancata indicizzazione per due anni non sarà  mai più recuperabile, mentre già  la manovra produce i suoi effetti d’impoverimento grazie all’aumento delle accise che comporterà  ulteriori incrementi sui prezzi dei beni di maggior consumo». La soglia di povertà . E’ il ragionamento fatto nel corso di un’audizione alle commissioni Bilancio di Senato e Camera, dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, che ha preso in considerazione il concetto di «soglia di povertà ». L’indicizzazione prevista dal decreto Monti, al momento, garantirebbe il mantenimento del meccanismo perequativo per circa 8 milioni di pensionati: «Per due terzi – ha spiegato Giovannini – questi hanno più di 64 anni, in maggioranza sono donne e nel 36% dei casi risiedono nel Mezzogiorno». Si tratta di una fascia di popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà  che l’ultimo dato Eurostat disponibile (2009) fissa a 1.285 euro al mese. Ma se così è, l’attuale manovra lascerebbe senza adeguamento al costo della vita quella parte dei pensionati che percepisce più di 936 euro ma che è ancora sotto la soglia di 1.285 euro. L’estensione della perequazione a questa categoria consentirebbe, secondo Giovannini, di garantire un ulteriore 6,5% dei pensionati a rischio di povertà .

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