Torna di Moda l’Alveare di Mandeville la Crisi si Supera solo con le Passioni

by Editore | 31 Dicembre 2011 9:35

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Infatti il medico olandese aveva sostenuto nel suo poemetto che le grandi società  non si fondano sulla probità  e sulla virtù, bensì sulle passioni e sui vizi degli uomini. Così avveniva nel grande alveare da lui rappresentato, in cui l’industria e il commercio prosperavano perché alimentati dall’egoismo, dalla superbia, dalla ricerca del lusso, e in generale dalle passioni delle innumerevoli api. Le quali, del tutto ignare dei veri motivi della loro prosperità , a un certo punto pregarono gli dei di liberarle dai loro vizi. Gli dei le accontentarono, ma, insieme ai vizi delle api, scomparve anche il loro benessere, e il grande alveare divenne un piccolo alveare, in cui si viveva una vita virtuosa sì, ma assai povera, di pura sussistenza. La morale della favola, ricordata ieri da Samuel Brittan sul Financial Times, era che bisognava essere consapevoli che i public benefits derivano sempre dai private vices. Scriveva infatti Mandeville: «Cessate dunque di lamentarvi: soltanto i pazzi si sforzano di far diventare onesto un grande alveare».
La grande metafora di Mandeville appariva provocatoria e cinica. Ma Adam Smith, nella Ricchezza delle nazioni, esprimerà  concetti non troppo dissimili quando scriverà  che «l’uomo ha un bisogno quasi costante dell’aiuto dei suoi simili, ma non può aspettarselo soltanto dalla loro benevolenza», e che potrà  conseguirlo più probabilmente se riuscirà  a volgere il loro egoismo a suo favore, e se riuscirà  a mostrare che per loro è vantaggioso ciò che egli richiede. «Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio — dirà  Smith — che ci aspettiamo il nostro desinare, ma dalla considerazione del loro interesse personale. Non ci rivolgiamo alla loro umanità  ma al loro egoismo, e parliamo dei loro vantaggi e mai delle nostre necessità ».
In tempi a noi più vicini il grande pensatore liberale Friedrich von Hayek riprenderà  l’ispirazione di Mandeville (e di Smith) per ribadire la propria idea centrale: che nessun individuo e nessun gruppo di individui può pianificare la società , la quale risulta dalle infinite azioni di un numero elevatissimo di persone. Il risultato di tutto ciò sarà  soddisfacente (e anche molto soddisfacente) solo se ognuno potrà  perseguire, nel modo che ritiene migliore (cioè secondo le proprie idee ma anche secondo le proprie passioni) il proprio vantaggio. 

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