Sesso, soldi e politica il mistero Prokhorov ultimo ribelle anti Putin

by Sergio Segio | 14 Dicembre 2011 7:01

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MOSCA. Chi ha paura del miliardario play boy? Praticamente tutti. Mikhail Prokhorov, re del nickel e dei metalli preziosi, ritornando improvvisamente sulla scena politica e candidandosi alle presidenziali del 4 marzo sta seminando il panico tra entrambi gli schieramenti che si battono per il futuro della Russia. Fa paura alla frastagliatissima opposizione che, pur avendo portato centomila persone in piazza, continua a cercare in extremis (i termini scadono domani) un candidato su cui puntare. E spaventa in molti nello staff di Vladimir Putin, preoccupati di grossi sconvolgimenti in arrivo negli equilibri di potere. Ma soprattutto scatena il gioco, tanto amato da queste parti, delle dietrologie: «Qual è il suo vero obiettivo?», «È stato il Cremlino a inventarsi un rivale di comodo?».
Tutta la vita di questo quaranteseienne, alto più di due metri, scapolo d’oro nel giro ristretto degli oligarchi di Russia, si presta a ogni possibile interpretazione. Autoritario, arrogante, collerico, ha stabilito in pochi mesi un record invidiabile di contraddizioni e di cambiamenti di fronte che lo rendono sempre più imperscrutabile. Di certo c’è che il suo patrimonio personale, valutato da Forbes in 16 miliardi di euro, potrà  condizionare parecchio una campagna elettorale delicatissima condizionata dalle pesanti accuse di brogli e di falsificazioni alle recenti politiche del 4 dicembre. Ieri mattina, tanto per cominciare, Prokhorov ha esordito annunciando l’acquisto dell’impero editoriale che porta il nome dell’autorevole quotidiano Kommersant. E ha avviato una trattativa con il proprietario, il suo collega oligarca Alisher Usmanov, padrone tra l’altro dell’Arsenal, la squadra di calcio più amata di Londra. Bersagliato e rimproverato duramente da Putin in persona, il povero Usmanov aveva annunciato il licenziamento in tronco del suo direttore editoriale e del direttore della rivista Vlast, rei di aver dato troppo spazio all’opposizione. Ma mentre si levavano le voci sull’ennesimo attacco alla libertà  di stampa, ecco arrivare l’offerta di Prokhorov: «Compro tutto, giornale, magazine, siti Internet e radio. E rimetto ognuno al suo posto». Un colpo a effetto che in poche ore ne ha fatto un paladino della corretta informazione agli occhi dei giornalisti di Kommersant ma soprattutto dei suoi numerosi lettori. È la forza dei miliardi. Lo stesso Prokhorov se ne è vantato ieri: «Alla carriera politica di Berlusconi, ad esempio, i soldi hanno fatto molto comodo».
A lui, fino alla primavera scorsa, sono certamente serviti per godersi la vita nella maniera più smodata godendo di un impunità  senza limiti. Ai russi, poco interessati alle biografie degli oligarchi, era diventato familiare nel Natale del 2007. Per un arresto in Francia in un resort alpino per nababbi a Courchevel. Era successo che a una convention di soci d’affari russi e francesi aveva offerto un sontuoso regalo: un intero volo charter delle migliori escort reclutate apposta dai più esclusivi locali moscoviti. Scandalo, accuse di favoreggiamento della prostituzione. Poi, in poche ore, scarcerazione e silenzio. Così come nessuna conseguenza ebbe un altro scandalo tutto nazionale: un festino tra vodka, modelle e danze sfrenate nel 2009 sul ponte dell’incrociatore Aurora, sacra reliquia della rivoluzione bolscevica. Un capriccio. Come quello del basket che, con il fisico che ha, è la sua passione principale. Azionista del mitico team Cska di Mosca, si è pure comprato un’intera squadra statunitense, il New Jersey Nets.
Quello che adesso scatena le elucubrazioni di politologi e commentatori è però il suo misterioso percorso politico. Nel mese di maggio decise di entrare in scena comprandosi lo scheletro del partitino di destra Giusta Causa e spendendo una fortuna per cercare di portarlo oltre lo sbarramento del 7 percento alle politiche del 4 dicembre. Sembrava un’operazione concordata con i suoi vecchi amici Putin e Medvedev ma Prokhorov si lasciò prendere la mano e cominciò una campagna elettorale tutta incentrata contro «gli intrighi e la corruzione del Cremlino». Talmente dura che improvvisamente i suoi impiegati-militanti ricevettero dall’alto, l’ordine di destituirlo da capo del Partito, costringendolo tra minacce e urla di sdegno a uscire di scena. Fino alla misteriosa e sospetta resurrezione di lunedì. È sincero? Gli oppositori che preparano la grande manifestazione della notte di Natale non ci credono. E ricordano un episodio del ’96 quando il nazionalista Aleksandr Lebed sembrava un serio sfidante di Boris Eltsin. Salvo poi comunicare ai suoi elettori di votare compatti per Eltsin al ballottaggio. Un esempio che evoca una sensazione sgradevole: se non si trovasse un’alternativa, aver portato centomila persone in piazza potrebbe rivelarsi solo il successo di un pomeriggio.

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