by Editore | 23 Dicembre 2011 8:09
Sono millecinquecento gli immobili della chiesa cattolica che, solo a Roma, non pagano l’Ici. Un elenco registrato al catasto e depositato in prefettura, che contiene sia gli edifici esentati per legge, come le 722 parrocchie, sia quelle centinaia di fabbricati intestati ad altrettanti enti, istituti, congregazioni, confraternite, società e opere pie che, pur svolgendo al loro interno attività commerciali, hanno presentato una autocertificazione che li mette al riparo dalla tassazione. Numeri tuttavia sottostimati rispetto al vasto patrimonio del Vaticano: la Santa Sede, in quanto Stato estero, non è infatti tenuto a comunicare le sue proprietà alle autorità italiane. Ragion per cui nessuno conosce con certezza quanti palazzi possieda e quali attività ospitano.
Un patrimonio immenso, quasi tutto tax-free, che secondo una stima dell’Anci risalente al 2005, avrebbe impedito ai comuni di incassare un gettito Ici compreso tra i 400 e 700 milioni, 20 dei quali soltanto nella capitale. Se ne discute ormai da vent’anni: dal lontano dicembre ’92, quando il primo governo Amato introdusse l’imposta comunale sugli immobili prevedendo una lunga lista di esenzioni, fra cui i fabbricati del Vaticano contemplati dai Patti Lateranensi nonché le attività , laiche e religiose, destinate a sanità , assistenza, istruzione, sport e culto. Norma che scatenò subito una ridda di contenziosi fino al 2004, allorché una sentenza della Corte di Cassazione stabilì che le attività «oggettivamente commerciali» dovessero essere soggetti all’Ici. Nel 2005, però, il governo di Silvio Berlusconi ribaltò il verdetto, estendo l’esenzione a tutti gli immobili della Chiesa. Fino al 2006, quando anche l’esecutivo guidato da Romano Prodi ci mise lo zampino, decidendo che dovessere essere tassati solo gli edifici adibiti ad attività «non esclusivamente commerciali». Una formula che ha contribuito a ingarbugliare la situazione, alimentando le zone grigie. Per richiedere l’esenzione Ici, infatti, basta che all’interno di un immobile trasformato magari in albergo ci sia una cappella. Un caso più diffuso di quanto si immagini, che ha moltiplicato le cause tributarie tra l’amministrazione cittadina e gli enti ecclesiastici
CASE PER FERIE
A Roma, secondo le stime, sono almeno un’ottantina. Gestite da frati, suore, ancelle della carità , missionarie, che spesso hanno trasformato interi palazzi, o anche solo un parte di essi, in alberghi e ostelli. «Un fenomeno», spiega Marco Causi, ex assessore al Bilancio del Campidoglio e ora deputato del Pd, «esploso in occasione del Giubileo del 2000 quando molti istituti religiosi si sono attrezzati per dare ospitalità ai pellegrini». Nell’elenco della prefettura romana ci sono svariati esempi. C’è la Casa per ferie delle Ancelle di Maria Immacolata, ai Parioli, che offre camera con bagno e pensione completa a prezzi modici: da 54 a 62 euro. C’è l’Hotel Santa Brigida, nella centralissima piazza Farnese, pubblicizzata anche sul sito di viaggi tripadvisor, e l’Istituto di Suore benedettine di Torre Argentina. A Monteverde, con vista su Villa Pamhili, la brouchure di Villa Maria della Suore salvadoriane si autodefinisce hotel de charme.
scuole
Sono 217 gli istituti religiosi destinati all’istruzione. Dalle materne alle superiori, sono esentati dall’Ici come tutte le scuole pubbliche italiane. Pur chiedendo, spesso, rette piuttosto alte. Alcuni licei superano anche i 7mila euro l’anno e sono gestiti da una costellazione di congregazioni. Si va dagli Highlands Institute dei Legionari di Cristo all’Istituto di Villa Flaminia dei Fratelli delle Scuole cristiane, nato nel ’56 da una sede distaccata del famoso San Giuseppe de Merode, l’istituto della Roma bene affacciato su Trinità dei Monti. C’è l’Istituto Massimiliano Massimo all’Eur, retto dai gesuiti all’Eur, dove hanno studiato Mario Draghi e Luca Cordero di Montezemolo, Luigi Abete e Gianni De Gennaro.
CASE di cura
Oltre agli ospedali religiosi accreditati dal Servizio Sanitario Nazionale, dal Fatebenefratelli al Campus Biomedico, esenti dall’Ici come i nosocomi pubblici, ci sono svariati edifici gestiti da religiosi che ospitano attività sanitarie, che non avrebbero diritto all’esenzione. La Provincia delle Suore Mercenarie, ad esempio, ha una casa di cura in centro a Roma e ora sta in causa con il Campidoglio. Come pure la Provincia religiosa dei santi apostoli Pietro e Paolo dell’opera di Don Orione, nel cui elegante complesso su via della Camilluccia ha ricavato anche una struttura di riabilitazione a pagamento.
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