Ronde islamiche per difendere le chiese

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E’ successo l’anno scorso: ad Alessandria 21 fedeli copti uccisi da un kamikaze alla messa di Capodanno. E pure due anni fa: otto vittime cristiane alla celebrazione di Natale a Nag Hammadi, nel Sud. C’era ancora Mubarak, allora, il vecchio regime. Ma non è che nel Nuovo Egitto la minoranza cristiana si senta (e sia) più sicura. In ottobre, per citare il fatto più grave, sono stati 27 i copti uccisi dai militari nel centro del Cairo mentre protestavano per la distruzione dell’ennesima chiesa, a Assuan. Attacchi, rapimenti, discriminazioni continuano, molti hanno lasciato il Paese o intendono farlo. E ora che il Natale si avvicina — quello copto cadrà  il 7 gennaio — l’allarme torna a salire. Ma per la prima volta l’allerta è in prima pagina sui giornali, se ne parla, diventa elemento del dibattito politico. Al punto che perfino i partiti islamici sono scesi in campo annunciando pubblicamente «ronde» a difesa delle chiese e dei fedeli. Così ha promesso la storica formazione dei Fratelli Musulmani che ha ottenuto il 40% nelle due prime fasi del voto per il Parlamento (la terza e ultima sarà  a inizio gennaio). Ma così hanno dichiarato anche i vertici del partito Al Nour, il più importante nella galassia dei salafiti, i «puritani» protagonisti di un’inattesa quanto inquietante affermazione con il 25% delle preferenze. E se poco sorprende l’impegno della Fratellanza — religiosa ma pragmatica, moderata, politica, attenta a non spaventare più di quanto già  lo siano i laici egiziani e soprattutto il resto del mondo — quello degli ultraortodossi vicini ai wahhabiti sauditi e nemici dichiarati della democrazia sembra un controsenso.
«Niente auguri di Natale ai cristiani, è contro le nostre convinzioni», aveva dichiarato giorni fa Nadar Bakar, portavoce di Al Nour. Un’affermazione in linea con la repressione ossessiva in Arabia di qualsiasi festività  dal sapore «infedele» (compreso San Valentino), nonché con i programmi dei salafiti d’Egitto per un futuro senza alcol, bikini, promiscuità  tra i sessi, ovvero regolato dal solo Corano. Il divieto agli auguri ha subito portato l’Islam moderato a reagire: Al Azhar ha emesso una fatwa dichiarando «legittime» le felicitazioni ai cristiani per la nascita di Gesù, la Fratellanza ne ha inviate pubblicamente «ai fratelli cristiani, ma anche ai musulmani». E mentre la comunità  copta vedeva nel proclama di Al Nour l’ennesima avvisaglia di «tempi ancora più duri che sotto Mubarak» — un sentimento diffuso — papa Shenuda III invitava tutti i partiti, Al Nour compreso, a celebrare insieme il Santo Natale. Invito che i salafiti hanno respinto, dichiarando però la loro disponibilità  alle ronde.
«E’ il Signore che ci protegge, noi e le nostre chiese siamo nelle sue mani» ha commentato Anba Boutros, segretario del papa copto, definendo l’offerta dei partiti islamici «un gesto propagandistico alla luce della campagna elettorale in corso». E questa è certamente la spiegazione di quella strana decisione dei salafiti: proteggere le chiese non per particolare benevolenza verso i cristiani, ma per dimostrare che anche loro potranno governare civilmente e pacificamente (se non democraticamente) l’Egitto. La Fratellanza ha respinto, finora, ogni ipotesi di coalizione al governo con loro. Ma i giochi sono ancora tutti aperti sul Nilo. Copto o musulmano che sia, nessuno può dire davvero cosa aspetti il grande Paese nei prossimi mesi.


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