by Sergio Segio | 22 Dicembre 2011 8:17
ROMA — In Aula alla Camera, la Lega affonda l’ex ministro Saverio Romano, votando a favore dell’utilizzo delle intercettazioni disposte dai magistrati di Palermo, ma poi nella giunta delle autorizzazioni salva l’ex sottosegretario Nicola Cosentino dalla richiesta di arresto firmata dal giudice di Napoli. E questa seconda mossa — che consente al coordinatore campano del Pdl di prendere fiato fino al prossimo 10 gennaio, quando si voterà in giunta — costringe il Carroccio a ricostituire la vecchia maggioranza con il Pdl e i Responsabili.
L’ex sottosegretario all’economia Nicola Cosentino (Pdl) è accusato dai pm di Napoli (Piscitelli, Woodcock e Curcio) di essere il referente politico del clan dei Casalesi tanto che nell’ordinanza di custodia cautelare inviata alla Camera dal giudice Elga Pilla si fa riferimento ai reati di concorso nel reimpiego di capitali illeciti, falso ideologico e falso interno bancario con l’aggravante del voler favorire la camorra. Pd, Idv e Udc hanno ritenuto che contro il deputato Cosentino non ci sia fumus persecutionis mentre la Lega — incalzata dal Pdl — alla fine ha preferito votare insieme agli ex alleati la proposta del Responsabile D’Anna di far slittare la decisione in giunta al 10 gennaio. Per poi andare in Aula il giorno 11.
In giunta la Lega è rappresentata dai deputati Paolini e Follegot che con il loro voto a favore hanno fatto la differenza per il rinvio: 11 favorevoli mentre i no sono stati 10 (compreso il presidente Pierluigi Castagnetti). E alla fine, con un mezzo strappo al regolamento, perché l’unanimità era saltata dopo l’abbandono dell’Aula da parte di Federico Palomba (Idv), è stato fissato un termine che va oltre il 5 gennaio precedentemente fissato dal presidente Gianfranco Fini.
Luca Paolini (Lega) si è prima dimesso da relatore della proposta di arresto riguardante Cosentino e poi ha partecipato in modo assai sofferto alla seduta della giunta, entrando e uscendo dall’Aula, perché le indicazioni del partito di Bossi e Maroni non erano così nette da essere sbandierate con disinvoltura davanti al popolo padano: «È andata secondo buonsenso, abbiamo deciso di leggere le nuove carte che sono appena arrivate in giunta», si è giustificato Paolini, che poi ha chiarito di essere «personalmente contrario alla carcerazione preventiva». Invece Federico Palomba (Idv) ha sbattuto la porta: «C’era un accordo per votare oggi (ieri, ndr) e quello che è avvenuto è una vergogna».
Fuori dell’Aula, Paolini si è scontrato con Donatella Ferranti (Pd) che lo ha apostrofato invitandolo a «dire alla luce del sole che la Lega alla fine voterà contro l’arresto di Cosentino». Ne è nato un parapiglia con la Ferranti che ha insinuato un patto già firmato tra Bossi e Berlusconi: «Hanno votato per il rinvio solo per alzare il prezzo su Cosentino». Del resto, il 10 dicembre del 2009 l’Aula salvò da una prima richiesta d’arresto il potente coordinatore campano del Pdl: i no all’arresto furono 360 (compresi molti deputati dell’Udc cui Casini aveva lasciato libertà di coscienza) contro 226 sì. E ora, osserva caustico Francesco Sisto (Pdl), «i pm ci riprovano».
Ma ieri in Aula quell’ampia maggioranza garantista non si è ripetuta quando si è trattato di respingere a scrutinio segreto la richiesta del gip Piergiorgio Morosini di Palermo di utilizzare le intercettazioni contro l’ex ministro Saverio Romano accusato di corruzione, aggravata dall’aver agevolato la mafia: 286 i sì (favorevole la Lega), 260 i no (33 assenti nel Pdl). Ma Romano non si è scomposto più di tanto: «La decisione della Camera ora mi aiuta a dimostrare la mia estraneità ».
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