Risarcimento o processo, la Thyssen sfida Torino

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TORINO – Incassare i risarcimenti decisi dai giudici con la sentenza di primo grado e rinunciare a costituirsi parte civile nel processo di appello contro la ThyssenKrupp per il rogo del 6 dicembre del 2007, incendio che provocò la morte di sette operai della multinazionale tedesca: Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe De Masi. Decisione che il Comune di Torino, guidato ora da Piero Fassino, la Provincia e la Regione dovranno prendere in fretta.
I legali sono già  al lavoro, per venerdì è fissato un primo incontro tra il sindaco, accompagnato dal vice, Tom Dealessandri, e i familiari delle vittime dell’incendio nell’acciaieria per capire qual è la loro posizione. «Non abbiamo ancora preso nessuna decisione – dice Fassino – prima vogliamo ascoltare quello che hanno da dire i parenti degli operai che hanno perso la vita a causa dell’incendio». E aggiunge: «Si tratta però di una vicenda molto diversa da quella di Casale Monferrato».
Il timore è che le polemiche seguite alla scelta del Comune di Casale Monferrato di ritirarsi dal processo contro l’Eternit, in cambio di 18 milioni di euro, si possano estendere anche a Torino. «Non è la stessa cosa», ribadisce Fassino. E proprio ieri il ministro alla Sanità , Renato Balduzzi, ha telefonato al sindaco di Casale, Giorgio Demezzi, per chiedere «un supplemento di riflessione sulla vicenda». Il primo cittadino ha accolto l’invito: «Ci stiamo pensando – dice – sono ancora in corso della valutazioni tecnico-legali sull’accordo. Vogliamo arrivare ad una definizione dell’intesa, ma potrebbero comunque nascere ripensamenti o problemi».
Sul fronte Thyssen, invece, si è già  arrivati ad una prima sentenza, dura e storica. I giudici hanno riconosciuto non solo la colpa, ma l’omicidio volontario con dolo eventuale, accusa avanzata nei confronti dell’ad Harald Espenhahn e gli altri dirigenti dal pm Raffaele Guariniello. In tutto 81 anni di carcere, di cui 16 e mezzo solo per Espenhahn, e sette milioni di euro di indennizzi.
Del totale dei risarcimenti due milioni e mezzo devono andare al Comune di Torino (1 milione), alla Provincia di Torino (500 mila euro) e alla Regione (1 milione). Accettarli e rinunciare all’appello, oppure andare avanti? «È stato riconosciuto quello che volevamo», dice il vicesindaco di Torino, Dealessandri, più propenso a trovare un’intesa con l’azienda. Anche perché in appello la sentenza potrebbe essere riformulata ed anche gli indennizzi rivisti al ribasso. E aggiunge: «Useremo questi fondi per borse di studio e progetti per aumentare la sicurezza sul lavoro». Scelta che non viene vista di buon occhio da una parte di Sinistra Ecologia e Libertà , convinta che così si possa indebolire l’appello. La Regione, guidata da Roberto Cota, è pronta a «prendere una decisione in sintonia con le altre istituzioni». Per Antonio Saitta, presidente della Provincia, «si tratta di una scelta politica più che di una scelta processuale e sono d’accordo con Fassino, bisogna prima ascoltare il parere dei familiari». Parenti che hanno ricevuto 12 milioni di euro dalla ThyssenKrupp come risarcimento prima che iniziasse il processo.
Antonio Boccuzzi, ora parlamentare del Pd e operaio sopravvissuto al rogo, invita ad evitare le polemiche: «Quella di Thyssen e di Casale Monferrato sono vicende diverse – dice – a Casale il Comune ha deciso di ritirarsi in prossimità  del giudizio, a Torino gli enti hanno partecipato al processo e le richieste sono state accolte dai giudici. Non vedo gli estremi per ripresentarsi». Sulla stessa linea per il sindacato: «Il compito di Comune, Regione e Provincia è dire come utilizzeranno quei soldi per migliorare la sicurezza sul lavoro – sottolinea Giorgio Airaudo della Fiom – bene hanno fatto a costituirsi parte civile prima, bene fanno ora ad impegnare le risorse sulla sicurezza, quella stessa sicurezza che la Thyssen ha violato provocando la morte di sette persone. A Casale, invece, l’Eternit ha contaminato un’intera collettività  e il Comune ha deciso di fare un passo indietro grave».


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