Rai paralizzata. Garimberti: uno scandalo

by Sergio Segio | 2 Dicembre 2011 7:47

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ROMA – Rai paralizzata nei vecchi equilibri politici. E solo a Viale Mazzini sembra ancora in sella il governo Berlusconi. Il presidente della Rai Paolo Garimberti, non a caso, lancia l’allarme rivolgendosi al nuovo esecutivo: «Denuncio con forza una situazione insostenibile perchè le istituzioni, a partire da Monti e Passera, lo sappiano e guardino alla Rai. È l’ora della politica del fare: il vento Monti spiri anche qui». Il numero uno dell’azienda convoca addirittura una conferenza stampa ed esordisce con un grido disperato: «È uno scandalo. Siamo bloccati dalla politica politicante».
Tutto accade intorno al nome di Augusto Minzolini e a una scadenza imminente. Martedì (forse la decisione slitterà  di un giorno) il gup valuterà  la richiesta di rinvio a giudizio per peculato del direttore del Tg1, legata all’uso della carta aziendale. Se autorizza il processo, Minzolini dovrebbe farsi da parte. Ma la vecchia maggioranza Pdl-Lega si ricompatta per difendere il giornalista. E soprattutto per dire che niente è cambiato a Viale Mazzini: comandano loro.
È uno stallo davvero clamoroso. Nemmeno tre giorni fa il consiglio aveva votato senza problemi un delicato piano di tagli. Ieri la svolta. Successiva a una riunione riservata dei cinque consiglieri di Pdl e Lega con Paolo Romani, Maurizio Gasparri e a sorpresa Roberto Maroni, il leghista che tutti i giorni dichiara esaurita l’alleanza tra Carroccio e Berlusconi. Obiettivo del summit convocato a casa Romani: non mollare la presa sull’azienda. Così ieri i 5 consiglieri hanno fatto saltare tre nomine su cui era stata già  raggiunta un’intesa. Per dimostrare che sono forti. Per avvertire il direttore generale Lorenza Lei. Come dire: siamo pronti a sfiduciarti se non ci consulti prima di fare una sola mossa.
Il messaggio è stato afferrato al volo da Garimberti. Da qui lo sfogo e l’appello lanciato al governo Monti. Perché la Rai, come l’Italia, vive sull’orlo del precipizio. Al governo, nei prossimi giorni, deve chiedere l’aumento del canone. Una paralisi rischia di farle fare una brutta fine. Giorgio Van Straten, consigliere del Pd, è stato il primo, sulla Stampa, a ipotizzare il commissariamento: «Se noi non ce la facciamo a far funzionare l’azienda deve venire qualcun altro». Scenario richiamato ieri anche da Nino Rizzo Nervo, membro del cda in quota democratica che conosce bene Viale Mazzini: «Se non cambia il vento, allora è meglio dire che siamo giunti al capolinea». L’ipotesi che Minzolini possa resistere anche di fronte al rinvio a giudizio, getta un’ombra sul futuro dell’azienda. Il presidente e il dg sono sicuri di avere la legge dalla propria parte: il direttore sarà  costretto a farsi da parte. Ma che succede se i cinque consiglieri Pdl-Lega non lo mollano? Qualche crepa si è notata ieri nel cda. Alessio Gorla, berlusconiano e uomo di televisione, ha rivendicato «l’autonomia della Rai». Angelo Maria Petroni, “orfano” del ministro Tremonti, ha lasciato alla Lei la scelta. Ma anche loro erano al vertice con Romani, Maroni e Gasparri.
Garimberti però deve avere qualche carta da giocare. «Sono pronto a convocare un cda straordinario per discutere della vicenda Minzolini dopo martedì», annuncia. Se ha paura di finire in minoranza perché si spinge avanti? Il presidente della Rai Garimberti può anche mettere sul piatto le sue dimissioni. Non accetterà  un direttore delTg1 accusato di aver ingannato la Rai.

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