Quelle cellule venute da fuori e i sospetti sulla tempistica
Ad Aleppo e in altre città i militanti hanno messo radici e oggi sono nelle strade a battersi contro l’esercito. Sono tra i più tosti negli scontri. Questo per dire che non sarebbe una sorpresa se avessero voluto vendicarsi della repressione colpendo la sede dei servizi segreti.
L’attacco, però, sembra fatto apposta per mettere in difficoltà l’opposizione in una fase nella quale sta raccogliendo consensi internazionali. Significativa — e per alcuni sospetta — la coincidenza di eventi. Due giorni fa, fonti ufficiali siriane denunciano movimenti di terroristi. A Damasco, intanto, arrivano i primi osservatori della Lega araba. Ed ecco l’esplosione davanti a un obiettivo che dovrebbe essere ben protetto. La rete di sicurezza composta da una dozzina di apparati è stata perforata. Il regime, sempre parco di informazioni, mostra la scena del massacro, accusa i seguaci di Osama, porta gli osservatori sul posto in modo che si rendano conto delle conseguenze. È un film dalla trama nota. Lo hanno già «girato» altri raìs in difficoltà , dal tunisino Ben Ali al libico Muammar Gheddafi. Gli avversari sono dipinti come «ratti» o «terroristi». Tecnica che a volte funziona. Perché imbarazza l’opposizione che nega il coinvolgimento ma, nel contempo, non può escludere l’iniziativa di qualche cellula più estrema. Il fronte anti Assad — malgrado sigle e annunci — non è così unito. All’opposto la strage può dare una mano allo schieramento pro Assad raccogliendo gli indecisi o i neutrali.
È evidente che la Siria sta scivolando verso una deriva irachena. Le persone scompaiono, altre sono freddate dai sicari, altre ancora sono rapite e fatte ritrovare senza vita. I servizi combattono la loro guerra segreta. E poi arrivano le autobomba guidate dai votati «al martirio». Magari sono davvero qaedisti, ma non sappiamo chi li abbia innescati. Si crea una realtà violenta e ambigua dove ognuno può accusare il proprio avversario (o il nemico del mio amico), tanto è difficile dire «chi è stato». L’unica cosa certa sono le vittime.
Related Articles
Deforestazione: tra alta moda e Banca Mondiale
Il guanto della campagna The Fashion Duel – Foto: Thefashionduel.com
Con l’inaugurazione della settimana della moda milanese il 20 febbraio è partita anche in Italia (dopo l’anteprima newyorkese) la nuova iniziativa di GreenpeaceThe Fashion Duel che sfida le aziende dell’alta moda ad impegnarsi di più per una produzione sostenibile e per raggiungere gli ambiziosi obiettivi deforestazione zero e scarichi zero nelle proprie produzioni.
Cosa resta delle piattaforme. E cosa resterà se vince il Sì
12 miglia. Non ci sono risorse strategiche da salvaguardare
«Ho ispezionato il cantiere-fortino»
CHIOMONTE Perplessità scientifiche su un progetto senza fondamento «Ho ispezionato il cantiere-fortino»