Quel «fuoco» per purificarsi dal passato
Credono, in altri termini, che il botto sia propiziatorio per chiudere una fase, favorendo l’emergere dal caos di un nuovo inizio. Una sorta di mezzo magico per tagliare, distaccare, distruggere meglio il tempo passato attraverso la purificazione del fuoco, lasciando in tal modo lo spazio ai giorni nuovi. Ma queste interpretazioni è difficile porle accanto ai danni che i botti recano a uomini, animali e cose.
Da un punto di vista tecnico, occorre ricordare che il fenomeno diventa possibile con la polvere da sparo, chiamata nel Medioevo «neve cinese» o anche «sale cinese». Pare fosse usata in Cina al tempo della dinastia Sung (X-XIII secolo), tanto che nel 1279 si narra dell’uso di ordigni esplosivi contro gli invasori mongoli; altri individuano la sua applicazione secoli addietro nel Celeste Impero, e le tecniche con i relativi botti si dovettero già conoscere nel mondo arabo prima di Carlo Magno. Di certo possiamo soltanto notare che nel 1245 il filosofo e alchimista inglese Ruggero Bacone parla della formula della «polvere nera» nella sua epistola De secretis operibus artis et naturae.
I primi botti arrivarono con le sacre rappresentazioni: si utilizzava la polvere nera durante talune scene teatrali per meglio far comprendere la natura dei luoghi infernali. Sappiamo che nel 1379 a Vicenza fu messo in scena un fuoco sulla corda (una colomba scoppiettante che compiva un tragitto) e che nel XV secolo, durante il pontificato di Pio II, a Roma, in Castel Sant’Angelo si accendeva una girandola scoppiettante. Durò fino al 1870. E causò non pochi danni.
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