by Editore | 31 Dicembre 2011 9:27
Il nostro giornale ne ha già parlato ampiamente nelle pagine di cronaca locale e nel sito di Repubblica. it. Ma il caso merita senz’altro di essere divulgato, e magari replicato altrove anche per altre questioni, oltre i confini dell’Urbe: tant’è che ha suscitato l’interesse della televisione francese e del quotidiano inglese “The Guardian”.
La mobilitazione civile è scattata spontaneamente contro la proliferazione dei cartelloni abusivi che hanno invaso le strade e le piazze romane, arrivando addirittura a coprire o deturpare alcuni monumenti della città : dalla Piramide Cestia a Porta Maggiore, dal Palazzo della Civiltà alla Basilica di Santa Maria Maggiore, come si può vedere in una cartolina di denuncia con la scritta ironica “Saluti da Roma”. È bastato che un piccolo gruppo di persone si riunisse per fondare un blog, intorno a cui in poche settimane s’è costituito un movimento trasversale. Da lì è partita una sottoscrizione per presentare una “Proposta di delibera popolare” e modificare il regolamento comunale che aveva avviato una deregulation selvaggia: servivano almeno 5.000 firme, ma in poco tempo ne sono state raccolte 12.000.
Nel frattempo, sull’urban blog del comitato – gestito dal collega Filippo Guardascione – è arrivata una valanga di segnalazioni che denunciavano gli abusi più clamorosi: impianti pubblicitari installati in violazione del Codice stradale e di altre normative nazionali o comunali, davanti a beni storici e architettonici, in mezzo agli spartitraffico, al centro delle piste ciclabili, su marciapiedi appena rifatti o sugli scivoli per i disabili. Con un’interrogazione presentata dall’ex ministro dei Beni culturali, Giovanna Melandri, il caso è arrivato in Parlamento. Il presidente di Telecom, Franco Bernabè, ha annunciato che avrebbe ritirato per protesta tutte le affissioni della sua azienda (regolari) dai muri della città . Finché, il 3 novembre scorso, due giovani su uno scooter si sono schiantati contro un cartellone abusivo sulla Tuscolana, perdendo purtroppo la vita.
Ora, dopo un anno di campagna popolare, la delibera è approdata finalmente nell’Aula Giulio Cesare del Campidoglio, decretando la vittoria del comitato promotore. Ma qui ciò che più conta sottolineare è l’aspetto mediatico della vicenda. Senza la forza pervasiva della Rete e la sua capacità di aggregazione, tutto questo probabilmente non sarebbe potuto accadere. Poi, l’amplificazione dei giornali e della tv ha completato l’opera, accrescendo e rafforzando la credibilità della protesta.
Dai cartelloni abusivi ai “tavolini selvaggi” di bar e ristoranti, fino alla sosta in doppia fila e alle scritte sui muri dei palazzi, non mancano certamente le occasioni per esercitare il citizen journalism, a Roma o in altre città . Non è detto, anzi, che questo non si possa applicare in altre forme anche a questioni ancor più rilevanti, come per esempio l’evasione fiscale, lo sfruttamento del lavoro nero o lo smaltimento illegale dei rifiuti. Il fatto è che, dall’avvento di Internet in avanti, ormai l’informazione non è più una prerogativa esclusiva dei giornalisti: tende a essere diffusa, circolare, partecipativa, assembleare.
Ma il giornalismo professionale e l’industria editoriale non devono temere questa nuova concorrenza esterna come un pericolo per la propria sopravvivenza: la collaborazione dei cittadini, piuttosto, può stimolare e alimentare utili sinergie reciproche, avvicinando sempre più i mass media alle esigenze reali della comunità , riducendo le distanze tra chi produce informazione e chi la riceve. Questa è, e sarà sempre più in futuro, l’era del post-giornalismo.
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2011/12/quando-il-cittadino-diventa-giornalista/
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