by Editore | 31 Dicembre 2011 8:10
ROMA – «La ricostruzione del Quirinale coincide con i miei ricordi di quei giorni. Ho passato molto tempo con il presidente della Repubblica, in Italia e all’estero, e in effetti Napolitano riceveva numerose telefonate, dalla Merkel e da altri. Si trattava di colloqui, certamente preoccupati, sullo stato dell’eurozona, mai nessuno si spinse però a prefigurare un cambio del governo». Franco Frattini, da ministro dell’Esteri era tra le colombe del Pdl che tenevano aperto il dialogo con il Colle. Di quelle ore drammatiche che portarono alla caduta di Berlusconi conserva una memoria vivida.
Wall Street Journal sostiene invece che la telefonata della Merkel fu qualcosa di più che un semplice consulto sull’euro.
«Certo, c’erano oggettivamente delle preoccupazioni, anche nelle cancellerie europee, dovute al fatto che la maggioranza si assottigliava ogni giorno di più. Eravamo appesi alle decisioni di questo o quell’altro oscuro parlamentare e questo non dava garanzie sugli impegni presi dal governo. Del resto è stato proprio per questo che, con senso di responsabilità , Berlusconi ha rassegnato le dimissioni pur senza ricevere un voto di sfiducia».
Torniamo alla Merkel. Quando vi siete resi conto di averla contro?
«Beh, basta ricordare quel famoso Consiglio europeo durante il quale lei e Sarkozy, con il “body language”, assunsero atteggiamenti ingiustificabili, criticati da noi ma anche dall’opposizione. E proprio in quell’occasione abbiamo sentito vicino il presidente della Repubblica nella difesa della dignità nazionale. Per questo non credo che la telefonata tra Napolitano e la Merkel si sia svolta come la racconta il Wsj. Non è vera ma nemmeno verosimile: il cancelliere tedesco sapeva perfettamente che Napolitano mai avrebbe accettato una simile ingerenza».
Non era comunque solo la Merkel ad avercela con Berlusconi, no?
«In effetti c’era un “battage” quotidiano, soprattutto della stampa economica del mondo anglosassone – dal Financial Times, all’Economist, allo stesso Wsj – contro il governo italiano. Una pressione mediatica che, a sua volta, alimentava quella dei partner europei e dei mercati».
Alla Farnesina ha mai avuto la sensazione che ci fossero delle “manovre” straniere per arrivare a cambiare il governo?
«Manovre non direi. Ma che ci fosse una pericolosa deriva tedesca che puntava a escludere certi attori dalla scena non c’è dubbio. Non a caso si è parlato di un direttorio dal quale, oltre all’Italia, poi è stata esclusa anche la Gran Bretagna».
Berlusconi si lamentò anche di Tremonti. Lo ricorda?
«Gli avevano raccontato che Tremonti parlava male di lui all’estero, non so in quale vertice, e questa cosa lo addolorava profondamente».
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