“Quei 100mila euro solo un acconto la tangente per Nicoli era il doppio”
BRESCIA – Se anche la seconda tranche sarebbe stata pagata in “Big Babol” – le banconote da 500 euro dello stesso colore delle gomme americane – non è dato sapere. Ma di una cosa gli investigatori sono ormai certi: i 100mila euro consegnati a Franco Nicoli Cristiani, vicepresidente del consiglio regionale della Lombardia dove è stato a lungo assessore all’ambiente, erano solo una parte – la prima – di una tangente che complessivamente avrebbe portato nelle tasche del politico il doppio di quella cifra. Duecentomila euro. Lo ha raccontato ieri ai magistrati l’imprenditore bergamasco Pierluca Locatelli. Che ha ammesso di avere pagato la mazzetta dirottata a Nicoli Cristiani, il 26 settembre scorso, dal dirigente tecnico dell’Arpa Giuseppe Rotondaro (il “pony express”, anche lui “oliato” con 10mila euro): specificando che altro denaro avrebbe dovuto tirare fuori.
La versione fornita da Locatelli, interrogato per quasi tre ore dal gip Cesare Bonamartini, si incastra con uno degli elementi, anzi, l’elemento considerato di partenza, alla base delle fonti di prova raccolte dai pm bresciani per dimostrare la corruzione nella più vasta indagine su un traffico di rifiuti che ha portato all’arresto di dieci persone. È un’intercettazione ambientale. Nella quale Rotondaro e Locatelli, a settembre, pattuiscono la “stecca” destinata a Nicoli Cristiani: 200mila euro è il prezzo che l’imprenditore deve pagare in cambio di un rapido via libera – dopo quattro anni di attesa – a una discarica per lo smaltimento dell’amianto nel Cremonese. Autorizzazione che puntualmente arriva il 26 settembre, lo stesso giorno in cui al ras del Pdl bresciano (ieri si è dimesso da tutti gli incarichi pubblici e politici) vengono consegnati i mazzi di “Big Babol” trovati poi nello studio di casa.
Da fonti investigative trapela che la proposta indecente sarebbe stata formulata dal dirigente dell’Arpa, a nome dello stesso Nicoli Cristiani. Le modalità di pagamento della tangente prevedevano una prima tranche di 100mila euro (portata a Nicoli in una scatola al ristorante milanese da Berti). E un’altra, successiva, di altri 100mila. La “provvigione” per Rotondaro era del 10 per cento sul totale: in pratica 20mila euro. Dei 10mila ricevuti il funzionario pubblico – nell’interrogatorio di garanzia di giovedì – ha detto che «erano il pagamento per una consulenza che ho fatto per il gruppo Locatelli». Quando sarebbe stata pagata la seconda parte della mazzetta? Su questo punto, da quanto riferito ai giudici da Locatelli, è emerso che lo stesso Rotondaro si sarebbe rivolto all’imprenditore sollecitandolo a saldare la somma stabilita. Un invito giunto nei giorni che hanno preceduto gli arresti da parte dei carabinieri (oltre a Nicoli, Rotondaro e Locatelli è finito in carcere Andrea David Oldrati della Terra Verde srl; altre sei persone, tra cui la moglie di Locatelli, Orietta Rocca Pace, che ieri si è avvalsa della facoltà di non rispondere, sono ai domiciliari).
«Pur di ottenere l’autorizzazione integrata ambientale, se me li avessero chiesti avrei consegnato anche due milioni di euro», ha affermato Locatelli davanti al gip. Sul capitolo riguardante il traffico illecito di rifiuti, l’imprenditore, difeso dai legali Roberto Bruni e Vanni Barzellotti, ha invece respinto le accuse: il titolare della holding Locatelli spa, attiva soprattutto nella pavimentazione stradale, ha riconosciuto qualche piccola irregolarità , ma ha negato che vi fosse un sistema strutturato di smaltimento illecito di scorie e materiali pericolosi.
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