“Paga ed eviterai l’attesa”: arrestato per tangenti primario dei bebè in provetta

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BELLUNO – La speranza di una donna che si infrange di fronte a una richiesta di denaro: soldi per accelerare i tempi della procreazione assistita a ultra quarantenni, donne che vedono nel tempo che trascorre il loro grande nemico. A Pieve di Cadore, piccolo ospedale di montagna a due passi da Cortina, la lista d’attesa era di due anni, ma bastavano 2.500 euro per saltare avanti e accelerare i tempi e le possibilità  della maternità . Questa almeno era la richiesta del primario di ginecologia e ostetricia, Carlo Cetera, 62 anni, un luminare del settore, uno che al telefono – intercettato dalla Guardia di finanza di Belluno – spiegava a un collega la sua teoria: «La lista è il vero potere». E la lista del suo reparto all’avanguardia nelle tecniche di fecondazione assistita la curava direttamente lui, almeno secondo i finanzieri che l’altro giorno gli hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, nella sua casa di Padova, con l’accusa di concussione e interruzione di pubblico servizio.

I numeri sono questi: cento donne ammesse ogni anno alla procreazione assistita (di cui solamente un quarto riescono effettivamente a diventare madri) nella struttura pubblica bellunese. Una di loro ha denunciato la richiesta indecente nell’ottobre scorso. Sei – interrogate dagli investigatori – hanno confermato di avere pagato per avanzare nella lista. Altre verifiche sono in corso sulla famosa lista per verificare eventuali anomalie: chi ha avuto accesso al trattamento in tempi “troppo” rapidi dovrà  dare spiegazioni. Ma al di là  di dati e accuse, quella che emerge dai verbali dell’inchiesta delle Fiamme gialle di Belluno è una realtà  drammatica di donne disperate, in posizione di grande debolezza, disorientate dalle richieste di denaro, pronte a tutto pur di diventare madri, anche a confronti esasperanti con i mariti che in genere si sono dimostrati più prudenti di fronte alle richieste di denaro.
Cetera invece di prudenza ne usava poca: basta guardare il passaggio di mano di quella busta di carta bianca sopra il tavolino del caffè di una stazione ferroviaria della periferia veneta. Dentro c’erano 2.000 euro. Il prezzo pagato al primario da una donna friulana (accompagnata dalla madre) mentre gli investigatori filmavano la scena. Il denaro ufficialmente doveva servire per pagare le prestazioni di un laboratorio esterno all’ospedale (il Sismer di Bologna), l’importante – raccomandava il medico – era di non parlare mai di soldi al telefono. Intanto dagli atti dell’inchiesta emergono altri incontri al casello autostradale, oppure in un parcheggio: immagini sconvolgenti che fanno a pugni con la reputazione brillante del medico nel campo della fecondazione assistita. Ufficialmente al momento dell’arresto Cetera non ha dichiarato nulla, avrà  la possibilità  di dare la sua versione dei fatti nelle prossime ore durante il primo interrogatorio di fronte al giudice.


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