“Ma la lotta tra ricchi e poveri alla fine danneggerà  tutti”

by Sergio Segio | 5 Dicembre 2011 7:40

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«Uno dei nodi da affrontare a Durban riguarda l’ingiustizia climatica. Gli effetti dell’aumento della temperatura, con la relativa crescita dei fenomeni estremi come le alluvioni, gli uragani, le siccità  prolungate, ricade in buona parte sui paesi più poveri, cioè colpisce con più forza chi ha una responsabilità  minima per le emissioni serra che sono causate principalmente dall’uso dei combustibili fossili e dall’erosione delle foreste pluviali». Pascal Acot, filosofo e ricercatore di storia della scienza al Cnrs, guarda con preoccupazione alla conferenza delle Nazioni Unite a Durban che si concluderà  venerdì prossimo.
Perché colpisce soprattutto i più poveri?
«Per due motivi. Il primo è che parliamo di paesi spesso collocati nella fascia tropicale, che è una di quelle in cui l’aumento della temperatura sarà  maggiore. Il secondo è che non dispongono degli strumenti economici necessari a ridurre i danni prodotti dal cambiamento climatico».
La rivolta delle vittime del caos climatico può essere l’elemento di novità  capace di accelerare un accordo?
«Sono pessimista. Al momento i segnali principali vanno in direzione opposta. Vedo il Canada che vuole sfilarsi anche dall’ultimo anno di impegno per il protocollo di Kyoto in scadenza a fine 2012. Gli Stati Uniti che hanno una maggioranza parlamentare contraria all’intesa vincolante sul clima. La Cina che è diventato l’inquinatore numero uno e non vuole aderire ad accordi globali. Resta l’Europa, ma è isolata».
Una delle ipotesi è un rinvio del patto a difesa del clima. Se ne parlerebbe dopo il 2020.
«È un’assurdità , una vera assurdità . Siamo di fronte a un rischio di portata epocale. Il momento giusto per intervenire non è ieri, ma l’altro ieri. E si vuole aspettare ancora per anni?»
Cosa bisognerebbe fare subito?
«Serve una modifica radicale del sistema energetico che ci consenta di smettere di usare i combustibili fossili. Non è un intervento che si può rinviare perché gli scienziati hanno dimostrato l’esistenza di un alto margine di rischio: l’equilibrio climatico, che è già  in crisi, può subire un collasso in tempi anche molto brevi».
Ma sull’alternativa energetica c’è ancora dibattito. Il governo francese difende il nucleare in un’Europa in cui molti paesi, a cominciare dalla Germania, hanno deciso di abbandonare l’atomo.
«Dopo Fukushima tutto è cambiato. Perfino in Francia dove l’opposizione socialista ha annunciato, in caso di vittoria, la chiusura di un numero considerevole di impianti nucleari. E in ogni caso i motori del nuovo assetto energetico saranno altri: un forte aumento dell’efficienza, lo sviluppo delle fonti rinnovabili che oggi conosciamo e investimenti in ricerca per continuare a migliorare la nostra tecnologia».

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