“Indipendenti da Eni, cresceremo in Europa”

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MILANO – In attesa che l’Italia diventi il centro di distribuzione del gas per tutto il Mediterraneo, grazie allo sviluppo delle infrastrutture e dei rigassificatori, Snam si dice già  pronta a varcare i confini per crescere in Europa. «Ci guardiamo attorno e non appena si presenterà  l’occasione cercheremo di coglierla, magari in alleanza con altri»:
Sono le prime parole dell’amministratore delegato Carlo Malacarne nel giorno in cui Snam Rete Gas, con il voto dell’assemblea degli azionisti, ha conquistato l’autonomia dalla casa madre. Eni continua a mantenere il 52 per cento delle quote, ma da ieri le due società  sono separate dal punto di vista “funzionale”. Lo ha imposto l’Unione Europa: entro la metà  del 2012 chi gestisce la rete di distribuzione deve, come minimo, avere una muraglia cinese che lo divide da chi fornisce servizi e forniture. Il che significa, per esempio, maggioranza di amministratori indipendenti, nessun legame di tipo aziendale, nessuna sinergia.
Come si procederà ? Il voto dell’assemblea di ieri ha deliberato il conferimento del ramo d’azienda trasporto, telecontrollo e misura del gas a Snam Trasporto (che diventerà  Snam Rete Gas). Sopra, la società  madre si chiamerà  semplicemente Snam che dal primo gennaio avrà  sotto di sé Italgas (la rete di distribuzione nelle città ), Stogit (gli stoccaggi) e Gnl Italia (gli impianti di rigassificazione), oltre alla rete di trasporto.
In molti, addetti ai lavori così come investitori, avrebbero preferito una separazione proprietaria, sul modello di quanto è avvenuto a suo tempo nel settore elettrico, con il divorzio di Enel dalla rete ad alta tensione che ha dato vita a Terna. E da come le due utility si affrontino polemicamente non si piò dire che non sia un modello che non funziona.
I vertici Eni, invece, sono riuscito a convincere il governo a procedere per l’altra strada prevista dal “terzo pacchetto energia” della Ue: la separazione funzionale, sul modello di quanto ha fatto Telecom con la sua rete. Anche se l’ad di Eni Paolo Scaroni, negli ultimi tempi, si sia dimostrato possibilista nei confronti di una cessione della quota di maggioranza. del resto, anche il resto d’Europa si è diviso sull’argomento: Germania e Francia si sono orientate come l’Italia, mentre Spagna, Inghilterra e Belgio hanno preferito la separazione proprietaria.
Nel settore del gas, ben altri problemi affliggono Edison. Dopo l’ennesimo rinvio per la firma degli accordi per il passaggio nelle mani dei francesi di Edf, ieri è arrivato il downgrade di Standard & Poor’s: l’agenzia di rating ha abbassato il giudizio sul debito di Edison da BBB+ a BBB-, un gradino prima del giudizio “junk”, con un credit watch negativo. Il che significa che indebitarsi per nuovi investimenti costerà  di più. Per l’agenzia di rating, Edison paga il momento negativo del mercato del gas e i litigi tra i soci, con Edf sempre più ai ferri corti con le utility italiane guidate da A2a e Iren. Le quali si sono ancora date un mese di tempo per trovare un accordo, ma con i francesi che, in qualsiasi momento, potrebbero decidere di andare all’asta sulla società .


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