by Editore | 21 Dicembre 2011 9:07
Christopher Hill, l’ambasciatore che il presidente Bush spedì in segreto a Pyongyang per tastare le possibilità di un dialogo con l’ultima, impenetrabile dittatura comunista d’Oriente, oggi esorta alla prudenza. «In queste ore bisogna aspettarsi gli sviluppi più imprevedibili. Il contingente armato americano è in stato di massima allerta, e questa è una mossa saggia. Dobbiamo prepararci a ogni eventualità ».
Hill osserva la successione dinastica ai vertici del regno eremita dal suo seggio di preside della Scuola di Studi internazionali all’Università di Denver. Vicesegretario di Stato nel 2005, ha guidato i negoziati a sei per disinnescare la crisi nucleare nordcoreana.
Ambasciatore Hill, l’erede designato Kim Jong-un è a tal punto un’incognita?
«Del “Grande successore” si sa poco o nulla. La sua figura non è nota nemmeno ai nordcoreani: il padre lo ha presentato poco più di un anno fa. Per lui si apre una stagione molto difficile, un periodo di apprendimento: la sua leadership non è mai stata messa alla prova, non si sa nemmeno se sia andato a scuola».
Lei vuole dire che il “grande leader” Kim Jong-il non ha preparato il figlio alla successione?
«Dico che il giovane Kim non è stato addestrato a sufficienza per questo incarico. Però, parte dell’eredità lasciata dal padre è l’interesse nella continuità della dinastia: un’intera casta di funzionari e burocrati ne trae beneficio, perciò si adopererà per il successo del figlio. E poi, alle spalle dell’erede c’è lo zio, Chang Sung-taek, vicepresidente della Difesa, secondo soltanto al leader supremo in quanto a peso politico».
Sarà lui il reggente?
«È probabile che spetti a lui il compito di plasmare Kim Jong-un in vista della leadership. L’esercito avrà una parte importante, visto il peso che ha assunto negli anni recenti. La verità , però, è che della Corea del Nord si sa poco o niente, e tantomeno del processo decisionale».
Tanto da farle presagire una reazione violenta? Una provocazione militare?
«Non so se Pyongyang arriverà a questo. Certo, il nuovo leader dovrà dare un segno importante del proprio potere, e infatti bisogna aspettarsi l’imprevedibile. Però, credo che la Corea del Nord nel prossimo futuro sarà impegnata nei suoi affari interni. È troppo presto per capire se, al contrario, gli eventi di questi giorni spingeranno il Paese ad aprirsi all’esterno. In questo momento tutto è possibile. Per tutto questo è meglio esercitare massima prudenza».
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