“Il colmo le accuse di Silvio chi ha creato il problema non può essere la soluzione”
ROMA – «Se il governo regge, e deve reggere altrimenti l’Italia affonda, cambierà la politica, verrà modificato un sistema tanto mitizzato, ma che non sta in piedi». Pier Ferdinando Casini continua a interpretare il ruolo di alfiere dell’esecutivo Monti e immagina nuovi scenari. Non teme contraccolpi sul suo elettorato, non ondeggia tra il sostegno e il distinguo come fanno gli “alleati” Pd e Pdl. «La ragione è molto semplice: questo governo obbliga tutti a prendere atto che lo schema bipolare non ha la forza necessaria per arginare verifiche serie come questa crisi». Alfano, Berlusconi e Bersani devono ripensarsi, quindi. È il messaggio del leader dell’Udc.
Il governo Monti è partito con la spinta di una grande credibilità . Adesso il consenso cala e devono ancora arrivare gli effetti della manovra sulle tasche dei cittadini.
«In Italia siamo vittime di preoccupanti vuoti di memoria. Abbiamo avuto il governo Prodi: non riusciva ad andare avanti e dopo solo due anni è stato costretto a gettare la spugna. È arrivato Berlusconi che, dopo le illusioni della campagna elettorale, ha vivacchiato, ha tirato a campare finchè non ha dovuto cedere il passo. Ora il nostro problema sarebbe che il governo si dedica poco allo sviluppo, alle liberalizzazioni? Ma che discorso è? Monti è in carica da appena un mese. Ed è vero che ha colpito in parte i soliti noti. Ma non è vero che non siano stati penalizzati i redditi alti. Quella sulla casa è una patrimoniale mascherata, diciamo la verità . Lo dico con chiarezza: se vogliamo superare la crisi dobbiamo evitare quest’opera di rimozione. Che ha aspetti surreali: mi sembra il colmo che chi è stato fino a ieri causa del problema oggi si proponga come la soluzione».
Si riferisce a Berlusconi che rivendica i meriti del suo esecutivo e denuncia il rischio recessione?
«Silvio ha sempre avuto una doppia personalità . Una è ragionevole, l’altra utilizza i peggiori istinti populistici. Devo dire che la doppiezza di oggi mi pare più comprensibile di quella del passato. Ha fatto un salto mortale non indifferente sostenendo il nuovo governo. Oggi cerca di alternare qualche momento di propaganda a ragionamenti seri: tutto abbastanza inevitabile».
Il Terzo polo invece non pone condizioni. Non temete anche voi come Pd e Pdl di pagare un prezzo?
«Il nostro atteggiamento ha una spiegazione politica ancora prima che programmatica. I due grandi partiti non hanno mai messo in discussione il sistema che si era creato perché pur vedendone i limiti hanno sempre cercato di lucrarne i vantaggi. Il Terzo polo invece, e l’Udc prima del Terzo polo, è nato sulla base della denuncia dell’equilibrio politico. Questo governo costringe Pd e Pdl non solo a un sacrificio forte rispetto ai loro elettori ma li obbliga a prendere atto che il vecchio schema non regge».
Quindi dietro le quinte del governo Monti lei sogna un nuovo assetto?
«Questo governo è destinato inevitabilmente a modificare la tipologia di sistema che abbiamo costruito. Tendo a vedere il bicchiere mezzo pieno e non credo che Pd e Pdl siano spaventati: hanno dimostrato coraggio. Il Pdl ha avuto la capacità di capire che la sua agonia coincideva con la tomba per l’Italia. Il Pd aveva la vittoria in tasca e ci ha rinunciato. Quando sento Di Pietro usare toni da campagna elettorale penso che Bersani sia stato particolarmente ardimentoso».
Sembrano complimenti ma suonano come un epitaffio.
«Assolutamente no. Loro sono i partiti di maggioranza, loro possono contendersi la guida del Paese. Sta a loro decidere se vogliono creare come in Germania schieramenti alternativi oppure guardarsi indietro».
Berlusconi rilancia le riforme. Quante volte abbiamo già sentito questo ritornello?
«Lo voglio prendere in parola. Perché mette il dito nella piaga. O la politica dimostra di avere una capacità di guida nella riforma di se stessa o scompare. Il governo tecnico lavora su un binario molto importante che è quello delle misure economiche e sociali. Noi dobbiamo lavorare alla nostra autoriforma. I titoli sono sempre gli stessi, da anni: riduzione del numero dei parlamentari, superamento del bicameralismo, una legge elettorale che apra alla concorrenza tra le forze politiche: parliamo tanto di liberalizzazioni, ma il mercato non vale solo per le farmacie o i taxi. Ci metto anche la giustizia. È un’assoluta emergenza italiana ed è a costo zero. Non dobbiamo perdere tempo, a cominciare dal tema delle intercettazioni. Bisogna agire senza intenti punitivi nei confronti della magistratura ma anche senza complessi. Se i problemi esistono, è compito della politica affrontarli».
Come si fanno le riforme? Bicamerale, tavolo dei leader?
«Quale tavolo migliore del Parlamento? Basta quello. I leader si sentono di continuo, i capigruppo lavorano tutti i giorni. Non c’è bisogno di altri strumenti».
Anche la fase due sembra una formula vecchia.
«Monti è chiamato a una prova con se stesso. Le idee chiare ce l’ha. Certo, un conto è scriverle in un saggio, un conto è applicarle al governo. Occorre il rilancio degli investimenti, misure per la produttività e la crescita, una severa lotta all’evasione fiscale. Un’altra manovra no. Non la reggerebbe il Paese. Servono le riforme. Un nuovo intervento sui conti avrebbe sì un carattere recessivo».
Con il governo Monti dobbiamo attenderci un risveglio dei cattolici in politica?
«Non possiamo più pensare a un mondo cattolico subalterno a chi disegna la politica. È una sfida per tutti e una ricchezza che nessuno deve strumentalizzare. Non bisogna aver paura delle novità . In questa fase emergeranno nuovi protagonisti, anche cattolici. E penso che nessuno possa interdire dall’impegno politico chi oggi si è dimesso dai suoi impegni professionali per servire lo Stato».
Da Passera a Riccardi, aumenterà la concorrenza anche per lei.
«Per anni mi è stato spiegato che dovevo avere paura per il mio futuro. Penso di aver risposto con i fatti. La paura ce l’hanno gli altri e non io che ho resistito all’opposizione con il centrosinistra e il centrodestra. E oggi ho fatto di tutto perché nascesse questo governo, senza pensare certo ai miei tornaconti personali».
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