“Ho portato io quel pacco a Nicoli ma non sapevo che c’erano i soldi”

by Sergio Segio | 2 Dicembre 2011 7:44

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BRESCIA – L’unico che ha parlato, e ammesso, finora è il “pony express”: Giuseppe Rotondaro, dirigente (sospeso) dell’Arpa lombarda. «Sì, è vero, ho consegnato io i soldi a Nicoli Cristiani, ma non sapevo che dentro quel pacco (probabilmente una confezione di vini, ndr) ci fossero 100mila euro. Anzi, non sapevo proprio che cosa contenesse». Una tangente, magari? «Mi avevano solo detto che era un regalo». Si difende come può, il “pony express”, la definizione è sua, di fronte al gip Cesare Bonamartini. Due ore e mezza di interrogatorio nel palazzo della Procura di Brescia: tanto è bastato ai giudici per raccogliere i primi riscontri diretti da uno dei dieci arrestati nell’indagine su corruzione e traffico illecito di rifiuti, la bufera giudiziaria che ha travolto il vice presidente pidiellino del consiglio regionale della Lombardia, e un gruppo di imprenditori bergamaschi.
Rotondaro è, secondo l’accusa, l’uomo che ha fatto materialmente da postino – lui al telefono ha usato un linguaggio più moderno – per conto dell’industriale dell’asfalto Pierluca Locatelli. Nel “pacco” – secondo le prove raccolte dai pm bresciani Silvia Bonardi e Carla Canaia – c’erano i 100mila euro, divisi in banconote da 500 euro chiamate “Big Babol”, finiti nelle mani di Franco Nicoli Cristiani il 26 settembre al ristorante milanese “Da Berti”. Una tangente che serviva, sostengono i magistrati, a velocizzare l’autorizzazione (arrivata il giorno stesso) per una discarica d’amianto a Cappella Cantone, in provincia di Cremona. Incalzato dal gip, Rotondaro non ha negato la consegna: ma ha spiegato che non aveva la più pallida idea che stesse maneggiando denaro (le intercettazioni ambientali lo smentiscono).
Altro punto: la sua percentuale nella mazzetta: i 10mila euro che Locatelli e moglie gli avevano garantito. «Li ho ricevuti, è vero – ha ammesso il funzionario dell’Arpa, assistito dall’avvocato Giuseppe Lucibello – ma erano il pagamento di una consulenza che ho fatto per il gruppo Locatelli».
Dopo Rotondaro, di fronte al gip è stata la volta del “pesce grosso” dell’indagine condotta dai carabinieri, Nicoli Cristiani. Arrestato per corruzione, il vicepresidente del consiglio del Pirellone ha annunciato che rinuncerà  a qualsiasi carica e funzione politica. «In questo modo – ha spiegato il suo difensore, Piergiorgio Vittorini, che ha chiesto gli arresti domiciliari – potrebbe venir meno l’unica ragione leggibile nell’ordinanza che giustifica la custodia cautelare in carcere: il pericolo di reiterazione del reato». Riguardo agli interrogatori, Nicoli si è reso disponibile a rispondere alle domande che gli verranno rivolte, ma solo dopo avere letto gli atti contenenti le fonti di prova contro di lui.
Oggi in Procura a Brescia sarà  ascoltato Pierluca Locatelli, il dominus del traffico illecito di rifiuti che è all’origine dell’inchiesta e per il quale sono finiti agli arresti sua moglie e altri suoi dipendenti e consulenti. Un filone, questo dei rifiuti, che resterà  di competenza di Brescia (i carabinieri intanto hanno acquisito dalla Provincia di Bergamo le autorizzazioni concesse al gruppo Locatelli per un impianto di Calcinate). Mentre quello relativo alla corruzione sarà  trasferito a Milano, dove hanno avuto luogo le consegne di denaro. In una telefonata allegata agli atti, tra Nicoli e Rotondaro, viene tirato in ballo anche il governatore della Lombardia Roberto Formigoni. Che ieri ha replicato così: «È vero, Nicoli mi disse che c’era un imprenditore di sua conoscenza che voleva partecipare all’Expo, e mi chiese se questi poteva parlare con il sottosegretario Paolo Alli (citato nella telefonata): gli ho detto di sì ma questo appuntamento non si è mai realizzato».
Le opposizioni in consiglio regionale chiedono chiarimenti. Il consigliere Idv Gabriele Sola ha presentato un’interrogazione per sapere a quante e quali opere pubbliche lombarde la Locatelli spa abbia in passato lavorato o stia tutt’ora lavorando».

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