Protesta al Blue Note, la musica è in sciopero

by Editore | 19 Dicembre 2011 7:33

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Il sindacato musicisti di New York ha distribuito volantini fuori da uno dei più importanti jazz club della città , prima avvisaglia di una campagna per ottenere i contributi per la pensione e una retribuzione minima. La protesta è partita in sordina giovedì scorso, quando quattro membri del Federazione americana dei musicisti Local 802 sono rimasti fuori dal Blue Note nel Greenwich Village a distribuire volantini con la scritta: “Giustizia per gli artisti jazz!”. Keisha St. Joan, vocalist di 72 anni, consegna volantini ai passanti e spiega: «È una disgrazia non avere la pensione. Morirò senza averla!». 
Da cinque anni i proprietari dei jazz club resistono alle richieste. Alcuni accusano il sindacato, forte di ottomila soci, di fare chiasso per sostenere il fondo pensione, i cui beneficiari sono musicisti di Broadway in pensione o colleghi degli studi di registrazione. Le divergenze tra sindacato e proprietari dei club risalgono al 2005, quando i sindacalisti si unirono ai night club per ottenere una riduzione delle tasse sulle vendite dei biglietti e utilizzare gli introiti extra per pensioni e benefit sanitari. Nel 2006 lo sgravio fiscale fu approvato, ma il sindacato non raggiunse mai un’intesa con i club. Lorraine Gordon, proprietaria del Village Vanguard è favorevole all’idea delle pensioni per i musicisti, ma i profitti dei club sono esigui e le spese continuano a lievitare. «Pago tutto quello che un piccolo club può pagare. Ma per farlo funzionare non posso andare sotto una certa soglia». 
L’obiettivo della campagna dei musicisti è raggiungere intese essenziali sul lavoro con i club jazz di New York – Blue Note, Village Vanguard, Birdland, Jazz Standard e Iridium – e poi con quelli delle principali città  creando una rete di locali che pagano contributi per la pensione. «Vogliamo che l’802 diventi il modello per tutti» ha detto John O’Connor, vicepresidente del sindacato. In base alle proposte del sindacato, i proprietari dei club verserebbero un contributo per ogni musicista. Molti si trovano durante la vecchiaia senza pensione e assistenza, dato che buona parte della loro retribuzione è in contanti e in nero. Lontano dai microfoni, alcuni musicisti dicono che preferirebbero gestire da soli la pensione. Altri però sono favorevoli all’intervento sindacale e raccontano che i proprietari dei locali si sono rimangiati la promessa fatta in cambio della riduzione delle tasse. «Raccolgono i soldi e li usano a loro piacere» ha detto Bernard Purdie, percussionista, prima di recarsi al Carnegie Hall con Galt MacDermot e la New Pulse Jazz Band. «E la fanno franca da cinque anni».

*(© New York Times
La Repubblica 
Traduzione di Anna Bissanti)

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