Pomigliano, torna la Panda ma non ci sono gli operai

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Al battesimo della nuova Fiat Panda a Pomigliano, oggi ci saranno proprio tutti. A cominciare dagli esclusi, i lavoratori e i sindacalisti della Fiom che hanno detto no al nuovo contratto aziendale. Nemmeno uno di loro è stato riassunto ma in molti saranno questa mattina fuori dalla fabbrica a un presidio, per discutere in assemblea «con chi vuole», su dove va la Fiat di Sergio Marchionne. «Il fatto grave – ci dice Andrea Montanaro, della Fiom di Napoli – è che saranno fuori quelli che hanno fatto di tutto perché Pomigliano non chiudesse, ricordo che questo era scritto nel piano dell’acquisizione della Opel da parte della Fiat. Mentre dentro ci sono quelli che non hanno mosso un dito perché questa fabbrica non chiudesse».
Se fuori ci saranno anche i centri sociali e i movimenti con slogan e cartelli molto all’americana tipo «Marchionne Go Home», dentro ci sarà  la stampa italiana al gran completo e la dirigenza Fiat. L’amministratore delegato prenderà  la parola, mentre ieri con i colleghi stranieri era assente. Intorno, è prevedibile molta polizia e carabinieri, come si è già  visto in una situazione molto più tranquilla a Torino durante l’ultima presentazione della Lancia Thema. A Pomigliano non verrà  il presidente Giorgio Napolitano, perché la visita non è mai stata messa in agenda dal Quirinale, ma solo buttata lì da un importante giornale locale e rilanciata ad arte fino alla smentita. Anche se il Lingotto, certo, avrebbe assai gradito.
La Panda torna a essere costruita in Italia, come la prima serie nata nel 1980 disegnata da Giugiaro e prodotta da allora in oltre due milioni di esemplari. Un successo a livello europeo del made in Italy, per una volta non nel celebrato settore del lusso. Marchionne ha portato via le linee della Panda da Tychy, in Polonia, dove era stata approdata nel 2003 per essere costruita poi a fianco della nuova 500 e della Ford Ka, in modo da dividere gli oneri di sviluppo. Il ritorno della Panda in Italia serve per dare un segnale concreto al progetto Fabbrica Italia, lanciato da Marchionne nell’aprile del 2010 insieme alla ricerca del nuovo contratto a ogni costo, rottura con parte dei lavoratori e con la Confindustria compresa. Di Fabbrica Italia, l’amministratore delegato del gruppo ha detto che non ne parlerà  più per non essere «frainteso», ma qualcosa potrebbe tornare a dire, dopo aver sbattuto la porta in faccia persino alla Consob, che chiedeva lumi (al pari della Fiom) sul piano per le fabbriche italiane. Il governo è stato finora piuttosto cauto. Se il premier Mario Monti ha fatto sapere di apprezzare la «modernità » di Marchionne, qualche segnale di insofferenza c’è stato da parte di alcuni ministri. Dalla telefonata del ministro dello Sviluppo Corrado Passera per convincere Marchionne a sbloccare 5 milioni di euro per chiudere la trattativa su Termini Imerese, alle parole del ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca, che l’altra sera in tv a La7 ha detto che il governo si attende di sapere di più sul piano Marchionne. Come dire, quel che è noto non basta.
Contemporaneamente all’arrivo della Panda a Pomigliano, l’azienda ha dovuto compensare governo e operai polacchi con il trasferimento in Polonia della linea della Lancia Ypsilon, dopo la decisione di chiudere lo stabilimento di Termini Imerese in Sicilia, ceduto al gruppo molisano Dr Motor. A Tychy, comunque, sarà  ancora prodotta per un po’ la vecchia Panda, «una concorrente terribile della nuova», dice ancora Montanaro. E già , perché l’auto avrà  pure i suoi annetti, ma la linea è fresca e soprattutto adesso costerà  meno di quella di Pomigliano. Può essere il migliore degli argomenti di vendita possibili, in tempi di crisi. Anche i motori dei due modelli sono gli stessi, tranne che la nuova avrà  in più il Twinair, il bicilindrico Fiat che in fondo è anch’esso un ritorno al passato, quando sotto il cofano della Panda di Giugiaro batteva un piccolo 652cc. Ma dietro la preoccupazione di avere due modelli sul mercato con lo stesso nome e con due fasce di prezzo, Montanaro non nasconde un altro timore: «A Pomigliano, la Fiat ha fatto un vero investimento sulle linee, una ristrutturazione profonda. Gli impianti sono però facilmente smontabili, ci vuole nulla a trasferirli e questa può essere una facile arma di ricatto: o si fa così, o via».


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