by Editore | 24 Dicembre 2011 9:21
Eppure c’è un regalo che tutti quanti noi possiamo farci, c’è un tesoro nascosto nel fondo della crisi italiana. Non lo si trova nelle vetrine, non lo si può impacchettare, ma questo non diminuisce il suo valore, anzi. È la fiducia in noi stessi, nell’immenso potenziale di cultura, lavoro e sviluppo del nostro Paese. Che, com’è sempre accaduto, nei momenti difficili se non drammatici riesce a dare il meglio di sé.
Il 25 dicembre 2011 saranno passati — ce l’ha fatto notare un lettore, Giovanni Tagliabue — due terzi di secolo dal 25 aprile 1945: un lungo periodo di pace; bene che non è acquisito per sempre. Ma la Milano preoccupata di questi giorni è in realtà un giardino dell’eden rispetto a quella semidistrutta dei Natali di guerra e del dopoguerra. Eppure la città ferita dall’occupazione nazista e dalle bombe era percorsa da un’attività febbrile, da un fremito di energia, Strehler e Grassi ripulivano i muri delle camere di tortura per farne un teatro, migliaia di piccoli imprenditori e di operai si impegnavano nella ricostruzione. L’Italia della Resistenza ha vissuto momenti più difficili di quelli di oggi senza perdere la serenità e la fiducia, sentendo che proprio nell’ora più cupa si gettavano le fondamenta di un’era nuova, in cui si sarebbero aperti spazi di libertà , democrazia, crescita.
L’anno che si chiude sarà forse ricordato come l’avvio di una nuova ricostruzione. Un anno difficile, segnato da cinque manovre, che ha imposto sacrifici a chi aveva già dato molto. Ma anche un anno in cui il Paese si è ritrovato unito, oltre le contrapposizioni pregiudiziali. L’anniversario dei 150 anni è stato un successo. Ci si è resi conto che davvero — come ci hanno insegnato Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano — siamo più legati all’Italia di quanto amiamo riconoscere. Vicissitudini politiche che avremmo preferito non dover raccontare hanno portato a un assetto nuovo, in cui i principali partiti — bene o male — collaborano per uscire dall’emergenza. Ma non saranno un partito o un governo, da soli, a trarci dai guai. È dentro di noi che dobbiamo ritrovare la serenità e la fiducia di cui i nostri padri furono capaci. Proviamo a pensare alle volte in cui, all’estero, abbiamo detto che siamo italiani, e ci hanno sorriso. Pensiamo alla grande domanda di Italia che c’è non soltanto nel resto d’Europa o in America ma anche nel mondo di domani; a quanti cinesi, indiani, brasiliani vorrebbero vestirsi come noi, comprare i nostri prodotti, adottare il nostro stile di vita. Questo mondo globale, che ci impaurisce e ci impoverisce, è anche una grande opportunità per l’Italia; perché un mondo che diventa sempre più uniforme, sempre più uguale a se stesso, guarda con ammirazione al Paese simbolo della creatività , del design, della fantasia, dell’arte, dell’estro, del gusto per il bello. Ricordiamoci chi siamo, e quanto possiamo fare. In tempo di crisi, non c’è regalo migliore. Ed è alla portata di tutti.
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