Perché ho scelto di provarci

by Editore | 20 Dicembre 2011 9:23

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C’è da ricomporre una prospettiva: dentro la crisi, contro la crisi. Debolezza politica e pigrizia culturale potrebbero farne un compito fuori dalla nostra portata; e suggerire di aspettare tempi migliori. Insomma, realisticamente arretrare: forse arrendersi. Altre volte è successo e la storia, anche senza di noi, è andata avanti ugualmente.
E invece non è così che dovrebbe andare. Il nostro tempo è adesso. In ogni circostanza, con ogni condizione, in ogni congiunzione spaziotemporale, non ci si può sottrarre al proporre e all’agire. La cifra e la misura della politica sono quelle segnate dalla realtà , qui e ora. Tra dubbi e contraddizioni, ostacoli e attriti, paure e spaventi, c’è comunque una speranza da nutrire, un cammino da tracciare, una lotta da condurre.
Nel mio piccolo, è quanto intendo fare. Ho così deciso di candidarmi alle primarie del centrosinistra a Roma, mettendomi a disposizione della battaglia per liberare il Campidoglio dalla meschinità  e dall’arroganza e affidare a mani democratiche il destino della città . È un intervento politico, quello che state leggendo. Ma per la lunga storia che mi lega a questo nostro giornale, è un po’ come fosse una lettera dentro cui mettere qualcosa in più e di più personale, esprimere anche un sentimento, con la certezza di trovare un ascolto, un’accoglienza.
Un intero mondo di ragioni e passioni attraversa Roma, restando tuttavia inascoltato. Movimenti, associazioni, cooperative, comitati. Uomini e donne che guardano dritto in faccia e riversano nelle loro battaglie ciò che hanno e sentono. Realtà  sociali più o meno organizzate, a volte atomizzate e inclini a disperdersi, realtà  tuttavia generose e ostinate che non rinunciano a rivendicare una città  più bella e più giusta. Per riconquistare il Campidoglio è a loro che bisogna riferirsi e affidarsi. E non solo per vincere le elezioni, ma soprattutto per cambiare i modelli di governo metropolitano.
La politica dei partiti (anche dei migliori tra essi) non riesce a cogliere questa crescente esigenza e, ancor meno, a rendersi disponibile a svecchiare e svecchiarsi. Anzi, avverte come un impaccio questa domanda di democrazia diretta e risponde in senso opposto, immaginando di semplificare la funzione pubblica, tagliando e riducendo, privatizzando e commercializzando. Al punto da ripristinare una linea di comando unilaterale, che si sottrae a ogni passaggio democratico, ridondanze catalogate come interferenze moleste.
A Roma sono in corso esperienze di movimento che proprio da questa contraddizione traggono alimento e sviluppano proposte, registrando il massimo di contrapposizione sulla gestione della crisi. Un vecchio cinema deve trasformarsi in un casinò o in uno spazio di cultura indipendente? Sorgerà  nuova edilizia o va riutilizzata quella abbandonata? Le tutele sociali vanno estese o si privatizzerà  anche l’attività  di sostegno? Continueranno i programmi per le grandi opere o la spesa pubblica si riverserà  sulla manutenzione della città ? Accoglienza e solidarietà  o persecuzione e segregazione? Riconoscimento a ciascuno e a ciascuna delle proprie libere scelte personali o uniformità  coatta di comportamenti e convenzioni? Una politica di salvaguardia dei beni comuni o svendita del patrimonio pubblico? Economia sociale e redistribuzione o concentrazione economica e speculazione?
Il sistema politico, pur tra qualche distinguo più o meno sincero, ha già  risposto a questa domanda e si è direttamente consegnato al «nemico»: il governo Monti rappresenta esattamente questo passaggio. Ma è in questa resa che c’è da ritrovare le energie per uno slancio politico nuovo. Offrendo la possibilità  a quell’insieme di realtà  resistenti, a volte ruvide e a volte sorridenti, di conquistarsi un autonomo protagonismo politico, non più con il cappello in mano: con o senza i partiti, al di là  delle loro reticenze e ipocrisie. Con la mia candidatura, che non ha nessuno dietro e (ancora) niente davanti, mi piacerebbe che questa sinistra randagia, spesso critica e a volte eretica, potesse trovare un primo approdo, per poi tratteggiare insieme un nuovo orizzonte, un nuovo pensiero, un nuovo modello per il futuro di Roma.
Quando alla vigilia di un concerto spararono a Bob Marley, dopo due giorni ritornò inaspettatamente sul palco a suonare. Disse che ogni giorno va speso per contrastare quelli che sparano e uccidono la speranza.

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