Pensioni. Così le nuove regole per chi lascia prima

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Nel 2012 saranno regolarmente aggiornate secondo l’indice Istat dell’inflazione. Raggiungere la pensione di anzianità  resta comunque più difficile, ma si attenua la riduzione del trattamento qualora la si chieda prima dei 62 anni di età . E ancora, passa da 50 mila a 65 mila la platea dei cassintegrati che conservano le vecchie regole, mentre gli «sfortunati», coloro cioè che nel 2012 avrebbero cumulato 35 anni di versamenti e in seguito alla soppressione delle «quote» dovevano in pratica rassegnarsi a lavorare sino a 66 anni, ora potranno anticipare la pensione a 64 anni. Questa, in sintesi, la situazione che si profila sul fronte della previdenza con gli emendamenti al decreto legge.
Adeguamento Istat Era uno dei punti più avversati dell’intervento sulle pensioni: blocco dell’indicizzazione per il biennio 2012-2013 con esclusione dei soli trattamenti d’importo pari al doppio del minimo Inps (936 euro mensili). Con gli emendamenti di ieri l’asticella è stata portata a 1.402 euro (tre volte il minimo). Il miglioramento però opererà  solo per il 2012. Nel 2013, infatti, si tornerà  alla soglia di 2 volte il minimo. In altre parole, nel 2012 gli assegni di importo (alla data del 31 dicembre 2011) pari a 1.402 euro al mese continueranno a beneficiare del 100% dell’indice Istat. Mentre quelle di importo superiore non vedranno alcun aumento. Nel 2013, invece, beneficeranno dell’adeguamento all’inflazione solo trattamenti di importo (alla data del 31 dicembre 2012) inferiore a 936 euro al mese. In concreto, sulla base del valore di inflazione provvisorio per l’adeguamento pari al 2,6%, nel 2012 le pensioni protette dall’inflazione godranno di un aumento di circa 23 euro. Chi invece al 31 dicembre del 2011 incassa una pensione di 1.500 euro non avrà  alcun aumento.
Anzianità  più difficile. A partire dal 2012 per ottenere la pensione prima dell’età  della vecchiaia occorrono 42 anni e un mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne, requisisti parametrati alle speranze di vita a partire dal 2013. Tali requisiti sono comunque aumentati di un ulteriore mese per l’anno 2013 e di un ulteriore mese a decorrere dall’anno 2014. Ciò vuol dire che nel 2013, ad esempio, anno in cui è si comincerà  a innalzare tutti i parametri anagrafici sulla base delle cosiddette speranze di vita, il minimo di contributi richiesto per il pensionamento anticipato sarà  di 42 anni e 5 mesi per gli uomini e 41 anni e 5 mesi per le donne (42 o 41 anni e due mesi più i tre mesi di aumento per via delle speranze di vita). Ma non è finita qui. Al fine di disincentivare il pensionamento anticipato rispetto a quello di vecchiaia, è stata introdotta una misura di riduzione. Qualora, infatti, si chiede la pensione di anzianità  prima dei 62 anni di età , l’assegno verrà  corrisposto, per la quota retributiva, con una riduzione pari al 2% per ogni anno di anticipo. Ebbene, con la correzione apportata ieri al decreto legge, la percentuale di riduzione scende dal 2 all’1% per ogni anno di anticipo per poi risalire al 2% qualora l’anticipo superi i due anni. Se, ad esempio, si richiede la pensione anticipata dopo aver raggiunto i 42 anni (e rotti), all’età  di 60 anni, si riscuoterà , per la quota di pensione calcolata con il sistema retributivo, un assegno decurtato del 2%. Se invece la si richiede a 59 anni di età , la decurtazione sale al 4%.
Pensioni d’oro. La precedente manovra finanziaria di Ferragosto l’aveva definito contributo di solidarietà . Si tratta di una trattenuta secca che grava sui trattamenti pensionistici più elevati sino a tutto il 31 dicembre 2014. Ai tre scaglioni indicati nel provvedimento della scorsa estate, ne viene aggiunto un altro. In parole più semplici: fino a 90 mila euro lordi, non si applica alcuna trattenuta; per gli importi che superano i 90.000 euro annui e fino a 150.000, il contributo è pari al 5% della parte eccedente; per la parte eccedente i 150.000 euro e sino a 200.000 la misura della trattenuta è del 10%; per la parte eccedente i 200.000 euro il prelievo sale al 15%.
Chi si salva. Le nuove regole sulle pensioni entrano in vigore dal 1° gennaio 2012. Non si applicano quindi a tutti coloro che hanno raggiunto o raggiungono i requisiti (età  e contributi) entro il 31 dicembre 2011. Ciò significa ad esempio che chi ha già  maturato il diritto alla pensione di anzianità  con 40 anni (oppure raggiungendo la quota «96»), ed è in attesa (un anno o un anno e mezzo, a seconda se dipendenti o autonomi) dell’apertura della finestra, potrà  riscuotere tranquillamente l’assegno Inps alla relativa scadenza, quando cioè si aprirà  l’uscita programmata. Non si applicano alle donne, sino però all’anno 2015, che opteranno per il calcolo interamente contributivo, anche per l’anzianità  maturata prima del 1° gennaio 1996, le quali possono ottenere la pensione di anzianità  sulla base di 35 anni di contributi e 57 anni di età  (58 anni le lavoratrici autonomi). Entro un limite di 65 mila unità  (il tetto prima dell’emendamento di ieri era di 50 mila unità ) non si applicano ai lavoratori collocati in mobilità , sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011 (il termine precedente era indicato nel 31 ottobre) che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione della mobilità . Ancora: non si applicano ai lavoratori collocati in mobilità  lunga (in attesa del pensionamento) per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 4 dicembre; ai lavoratori che, al 4 dicembre, sono titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà  di settore (esuberi bancari, assicurativi, ecc.).
Gli sfortunati. Il 1952 è la classe di età  maggiormente stangata dalla riforma del governo Monti. Prendiamo il caso di un dipendente che ha cominciato a lavorare nel 1976. Ebbene, stando alle vecchie regole contava di andare in pensione di anzianità  (beneficiando del sistema delle quote) a gennaio 2013, una volta raggiunti i 60 anni e i 36 di contribuzione con la solita attesa della finestra mobile di 12 mesi. Ora è stato bloccato dalla soppressione delle quote, e dall’innalzamento dei requisiti per il pensionamento anticipato. Potrà  infatti lasciare il lavoro solo nel 2018 quando avrà  raggiunto 42 anni e tre mesi di versamenti e 66 anni di età . Ma se invece venisse definitivamente approvata la correzione apportata ieri, potrà  percepire la pensione al compimento dei 64 anni.


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