by Editore | 31 Dicembre 2011 8:27
NEW YORK – Se adesso gli americani tremano alla notizia che i cinesi vogliono la Luna, con un programma che promette il primo sbarco entro il 2016, mentre la Nasa proprio quest’anno ha chiuso perfino con gli Shuttle, devono dire grazie soltanto a se stessi. Fu durante la caccia alle streghe comuniste, negli anni ‘50, che lo Zio Sam sferrò un calcio nel sedere al colonnello Quian Xuesen, il cinese naturalizzato americano che per conto degli yankees era volato in Germania per strappare a un certo Wernher Von Braun i segreti balistici che il professore era andato fino ad allora raccogliendo per i nazisti. Quian, lo scienziato di punta del programma spaziale americano, fu accusato di simpatie comuniste, tenuto agli arresti per 5 anni e infine rispedito in patria. Per la gioia di Mao Zedong, che subito – era il 1956 – l’appuntò a capo della neonata Quinta Accademia del Ministero della Difesa, incaricata di stilare i primi piani per la Lunga Marcia nello spazio.
Ci sono voluti 55 anni ma quella Repubblica che è popolare soltanto di nome è finalmente pronta all’ultimo grande balzo in avanti. Il piano quinquennale, come nella migliore – o peggiore – tradizione comunista cinese, prevede il lancio di una nuova stazione orbitante (invece di utilizzare i servizi comuni della Stazione spaziale internazionale) e l’invio sulla Luna di una missione incaricata di raccogliere esemplari del satellite per riportarli a Terra per lo studio. In più, il dettagliatissimo programma disegna la costruzione di nuovi vettori per il lancio di astronauti e si riallaccia al precedente piano conosciuto: che ha tra i suoi obiettivi a più lungo termine lo sbarco su Marte.
Per la Nasa, ma anche per i russi, c’è poco da stare allegri. Certo: il piano è infarcito dalle solite rassicurazioni secondo cui «la Cina da sempre considera l’uso dello spazio per motivi pacifici e si oppone alla corsa agli armamenti nello spazio». Ma è chiaro che a questo punto Houston ha più che un problema. George W. Bush aveva giurato che gli americani sarebbero tornati sulla Luna entro il 2020. E alla vigilia della recessione aveva lanciato un programma chiamato Constellation che sarebbe culminato con lo sbarco appunto su Marte: il tutto alla modica cifra di 98 miliardi di dollari. Barack Obama due anni fa ha cancellato quel disegno faraonico definendolo “costoso, in ritardo e senza innovazione”. Il risultato è che oggi la Nasa si ritrova letteralmente a Terra: e senza gli Shuttle ormai in pensione – nell’attesa che si sviluppi almeno quell’industria dei voli privati auspicata dal presidente – deve pietire uno strappo dalla Soyuz russa per mandare nello spazio i suoi astronauti che pendolano sulla Stazione spaziale internazionale. Come se non bastasse anche a Mosca hanno dovuto stringere la cinghia. E una serie di flop comincia ad aprire un inquietante interrogativo sulla sicurezza.
Intanto il Dragone ha fatto passi da gigante. Come sempre sulla pelle dei loro obbedientissimi sudditi. La Cina è più vicina alla Luna: ma chi conoscerà mai i veri numeri delle vittime di questa corsa? Appena una quindicina di anni fa il lancio sbagliato di uno dei missili Lunga Marcia (che dopo la morte di Mao erano stati de-comunistizzati col nome Freccia Divina) ha provocato la morte di almeno mezzo migliaio di civili. Ma tant’è. Oggi si celebrano solo i successi. Come il lancio nel 2003 di Yang Livei che ha fatto della Cina la terza potenza capace di spedire da sola un uomo nello spazio. O i 21 minuti di passeggiata spaziale nel 2007 di Zhai Zhigang.
Ma l’ascesa della Cina spaziale è anche l’ascesa della Cina militare: perché malgrado le rassicurazioni Pechino non distingue tra missioni civili e no e l’intero programma è gestito dal ministero della Difesa. È soprattutto l’ascesa di un terzo polo satellitare: con il progetto Beidou i cinesi stanno infatti mappando l’intero pianeta in una rete Gps che rivaleggerà anche qui con quella americana e russa. «Un piano che ha grandi implicazioni commerciali e grandi implicazioni di sicurezza» spiega l’esperto Andrew Ericksonn al New York Times: «Per essere una grande potenza spaziale e militare è necessario sviluppare un proprio sistema di navigazione satellitare». E non solo per fare in modo che i pendolari di Pechino e Shangai non si perdano più nel traffico.
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