Nuova bufera sul Pirellone arrestato il vicepresidente “Mazzetta da 100mila euro”

by Sergio Segio | 1 Dicembre 2011 7:29

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BRESCIA – Le tangenti al Nord. Il traffico di rifiuti illeciti al Sud. Quelli che fino a ieri avevano resistito come luoghi comuni sulla criminalità  italiana, e sulla sua ripartizione geografica, sono stati frantumati in un solo colpo. A confermare che la Lombardia non è solo un mazzettificio ma anche una filiale della Gomorra delle scorie ci hanno pensato i carabinieri e la Procura di Brescia. Un’indagine clamorosa: dieci persone arrestate (quattro sono in carcere, gli altri ai domiciliari) tra politici, imprenditori e funzionari pubblici. Sequestrati due cantieri della Brebemi (la nuova autostrada Brescia-Milano-Bergamo), una cava che – dietro pagamento di mazzette – doveva diventare una discarica di amianto, e un impianto per il trattamento dei rifiuti.
Il «pesce grosso», colui intorno al quale tutto ruotava, è Franco Nicoli Cristiani, vice presidente Pdl del consiglio della Regione Lombardia ed ex assessore (per due legislature) all’Ambiente. Nicoli è finito in manette, assieme ad altri tre, perché accusato di avere intascato una tangente da 100mila euro: il prezzo che l’imprenditore bergamasco Pierluca Locatelli avrebbe pagato al politico per accelerare l’autorizzazione di una discarica nel Cremonese. Il «pony express» (definizione sua) che ha materialmente fatto da tramite per la consegna del denaro è un funzionario pubblico, Giuseppe Rotondaro, coordinatore dell’Arpa lombarda, personaggio vicino sia a Nicoli che a Locatelli. Gli altri sette arrestati sono Orietta Rocca Pace, moglie di Locatelli, quattro dipendenti e collaboratori dello stesso imprenditore (titolare di una holding che raggruppa sette società  e dominus dell’intero sistema) – Bartolomeo Gregori, Walter Rocca, Giovanni Battista Pagani, Egidio Grechi – e due consulenti esterni, Andrea Oldrati e Giorgio Oprandi (il primo titolare della società  Terraverde srl).
I reati contestati sono traffico di rifiuti illeciti e corruzione aggravata. Che sono poi i due pilastri, anche dal punto di vista “tematico”, sui quali si basa l’indagine. L’ordinanza è divisa in due parti distinte: la prima ha a che fare con il traffico di rifiuti, l’altra sui reati contro la pubblica amministrazione. Iniziamo dai rifiuti. ll sistema escogitato da Locatelli funzionava così: anziché trattare e smaltire a norma di legge gli scarti pericolosi che le sue aziende ricevevano da diverse acciaierie lombarde, li faceva interrare nei cantieri della Brebemi. In pratica: i fondi della massicciata di alcuni tratti della nuova autostrada (Brebemi è parte lesa nell’inchiesta e si costituirà  parte civile) sono in costruzione su un base di rifiuti non trattati e scorie miscelate con materiale di demolizione. Locatelli è accusato di aver operato in modo illecito. Anche e soprattutto grazie ai suoi appoggi nel mondo della politica. Al centro del capitolo che riguarda Nicoli Cristiani e la mazzetta da 100mila euro c’è invece una cava destinata a ospitare amianto. Per dare il via libera a far partire l’impianto, Nicoli avrebbe accettato – secondo i pm bresciani – la stecca in oggetto: il denaro consegnatogli da Locatelli è stato trovato dai carabinieri nello studio del suo appartamento. «Sono rovinato», ha esclamato il politico al momento dell’arresto.
Il governatore Roberto Formigoni ha sottolineato che «tutte le procedure seguite dalla Regione sono regolari e corrette». Duro il commento del leghista Matteo Salvini: «Tutti sono innocenti fino a prova contraria ma i problemi nel Pdl lombardi iniziano a essere un po’ troppi». All’attacco le opposizioni in Regione: Pd, Sel e Idv chiedono sia fatta subito chiarezza e che Formigoni riferisca in aula.

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