Monti non cede sulla manovra I sindacati: resta lo sciopero
ROMA — Nulla da fare, il miracolo non c’è stato. I soldi per addolcire la pillola non ci sono e oggi i sindacati scenderanno in piazza contro il decreto «salva Italia», compatti e agguerriti come non accadeva da tempo. Due ore e mezza di braccio di ferro nello studio del premier a Palazzo Chigi e alle 22,30, quando scende in sala stampa, il segretario della Cgil Susanna Camusso annuncia battaglia a oltranza contro la manovra: «Hanno difeso la loro impostazione, non ci hanno dato nessuna risposta di merito, non sono riusciti a convincerci… Presidieremo la Camera per tutta la discussione del decreto».
Da una parte del tavolo Mario Monti con i ministri Giarda, Fornero, il viceministro all’Economia Grilli e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Catricalà e, dall’altra, Camusso, Bonanni (Cisl), Angeletti (Uil) e Centrella (Ugl). Un incontro informale che l’ufficio stampa del governo descrive come «molto sereno», mentre le parti sociali commentano con concetti bellicosi, appena smussati dalla pacatezza dei toni. Confermano «tutte le iniziative di lotta» già in agenda, dicono che dal governo non è arrivata «alcuna apertura» e confessano di non nutrire «grandi speranze» di alleggerire i sacrifici per famiglie, lavoratori e pensionati.
La lettura del governo è meno drastica, «piccole correzioni» in corsa ci saranno e con ogni probabilità riguarderanno l’indicizzazione delle pensioni. «Terremo conto delle vostre osservazioni e poi decideremo», ha concesso il premier. Ma i leader sindacali non si fanno illusioni. «La posizione del governo — commenta Luigi Angeletti — non ci sembra foriera di cambiamenti apprezzabili». D’altronde il premier ha confermato la «situazione di estrema emergenza finanziaria» e ha ribadito «l’imperativo di mantenere invariati i saldi, la composizione e la natura strutturale dei provvedimenti».
E se Monti sostiene che «la riforma delle pensioni garantisce equità tra le generazioni» e che «i patrimoni sono stati colpiti», Raffaele Bonanni prevede che l’iter parlamentare «sarà un percorso di guerra». I sindacati attaccano, ma sembra che il premier si aspettasse una «lista di priorità », che però non è arrivata. In questo clima, a dir poco gelido, Monti drammatizza il tema dell’assalto speculativo dei mercati, ma quando anche un possibile compromesso al ribasso sembra sfumare la chiude così: «Lo sciopero è uno strumento della vita democratica…». Se il governo ha i sindacati contro, Confindustria invece auspica una «rapida approvazione della manovra senza stravolgimenti».
Oggi i leader dei lavoratori impugneranno il megafono e grideranno il loro «no» davanti a Montecitorio. Quel che chiedevano valeva cinque miliardi di euro, un quarto del valore complessivo della manovra d’autunno: rivalutazione delle pensioni pari al triplo dell’assegno minimo, ammorbidimento dello «scalone» previdenziale e niente Ici (ora Imu) per i non abbienti. Avrebbero voluto una «vera» patrimoniale, ma come ha spiegato su Raitre a In mezz’ora il ministro del Welfare Elsa Fornero, rispondendo alle domande di Lucia Annunziata, in Italia non esiste «un’anagrafe che consenta di individuare i grandi patrimoni». Perché il governo non l’ha proposta? Perché con i tempi brevi imposti dalla crisi, la misura «non sarebbe stata credibile». L’Italia è un «malato grave» e per sopravvivere, per usare la metafora da brivido della Fornero, ha bisogno della «dose di antibiotico adeguata». Ma la terapia non finisce qui, la manovra da venti miliardi è solo la prima parte della cura: dalla prossima settimana, anticipa il ministro, il governo metterà mano al delicatissimo dossier del mercato del lavoro. «Cambiamenti epocali» ci aspettano, dalla riforma degli ammortizzatori sociali al salario minimo di cittadinanza. E l’articolo 18 sui licenziamenti? «È una domanda a cui non risponderò», taglia corto il ministro Fornero.
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