Monti: ecco il decreto salva-Italia così non pagano sempre i soliti

by Sergio Segio | 5 Dicembre 2011 8:23

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ROMA – Dopo tre ore di Consiglio dei ministri Mario Monti attraversa a piedi via del Corso e si presenta nella sala polifunzionale del governo sopra la Galleria Sordi, più capiente di quella di Palazzo Chigi. Sale sul podio – è ora dei telegiornali della sera – e si rivolge direttamente «ai cittadini italiani». Un messaggio dai toni drammatici per spiegare la manovra che lui stesso ribattezza «salva-Italia». Il premier annuncia una serie di «misure di emergenza» per evitare che la nazione «si macchi della responsabilità  di contribuire a far andare in senso negativo l’economia dell’eurozona». Un modo soft per dire al grande pubblico che se non agiamo tra pochi mesi andremo in default portandoci dietro la moneta unica. In prime time non annuncia sogni e promesse, ma dice che «bisogna stringere la cinghia» per evitare di «compromettere sessant’anni di sacrifici portati a termine da almeno quattro generazioni di italiani». Ma assicura che non ci saranno solo lacrime e sangue: ci sarà  spazio per la crescita che porterà  benefici alle future generazioni. Lavoriamo «per il risveglio dell’economia e della società  italiana». In chiusura riassumerà : «C’è grave preoccupazione e insieme grande speranza»
Questo, d’altra parte, è il mandato che il capo dello Stato e il Parlamento gli hanno affidato: «Siamo qui per una corta durata, ci hanno chiesto di salvare l’Italia da una crisi gravissima», di far vedere che siamo «un grande Paese» che può essere «orgoglioso». In breve, «vogliamo che gli italiani non si sentano derisi (all’estero, ndr) come accaduto in passato». Nell’immediato l’obiettivo è far sì che Roma «non sia più guardata in Europa come un focolaio sospetto di crisi». Il viceministro Grilli conferma l’azzeramento del deficit nel 2013 grazie alla manovra di ieri nonostante per la prima volta il governo italiano certifichi la recessione in arrivo (Pil sotto dello 0,4-0,5% nel 2012 e a zero nel 2013).
Quando Monti parla dei tagli ai costi della politica non si limita a descrivere le decisioni del Cdm, sottolinea che il costo più grande pagato in passato sono state le scelte «a breve termine» dettate del consenso elettorale che il suo governo può prendersi il lusso di ignorare: insiste su concetti come sforzo comune e sacrifici oggi per benefici domani. Poi rivendica che contro l’evasione non ci sono solo le nuove norme sulla tracciabilità , ma soprattutto una non misura: l’assenza di condoni.
Il professore della Bocconi spiega che chiedendo sacrifici ai cittadini gli è sembrato «doveroso» rinunciare al compenso da premier e ministro. Niente beneficenza, confessa, perché oggi «l’ente più meritevole» è lo Stato. A chi chieda perché non lasci all’Erario anche lo stipendio da senatore a vita risponde che non sa ancora se sia «tecnicamente» possibile farlo. Poi invita i ministri che gli siedono di fianco – Giarda, Passera, Fornerno e Grilli – ad astenersi da immediati annunci emulativi sui loro stipendi. Ma a tutti impone «criteri di trasparenza». I membri del governo dovranno dichiarare pubblicamente tutti i «possedimenti», anche «in fondi d’investimento, azioni e obbligazioni» andando oltre gli obblighi vigenti.
Per la prima volta Monti dichiara le sue aspirazioni da novello Cincinnato: «Il Capo dello Stato mi ha dimostrato incredibile fiducia, fare l’interesse dell’Italia e dell’Europa è un peso straordinario, se porterò a termine questo compito ne avrò sicuramente abbastanza..». Lasciato Palazzo Chigi per lui non ci sarà  nessuna carriera politica. Un tempo che però nelle speranze di Monti non arriverà  prima del 2013, scadenza naturale della legislatura: «Anche se il nostro governo è per definizione di durata limitata non è detto che sia finita qui, andremo oltre». Quella di ieri è stata solo la prima tranche di provvedimenti.
Il metodo sì, quello cambierà . «Non c’è stato il tempo per una profonda concertazione», ammette Monti. Se sui provvedimenti economici, però, le parti sociali non possono «appesantire i tempi decisionali», sulla riforma del lavoro in arrivo nelle prossime settimane il confronto sarà  più sostanziale. Ma il sogno del premier è quello di concertare e consultare come si fa in Europa: si pubblica un libro verde su Internet – racconta – si raccolgono le opinioni degli interessati anch’esse destinate alla pubblicazione e poi «si decide, con la massima trasparenza». Riserva una bacchettata agli economisti «amici ma frettolosi» che negli ultimi giorni lo hanno accusato di tassare anziché tagliare le spese: «Si sono fidati più delle indiscrezioni che del nostro buonsenso, non pagano i soliti noti». Non c’è stata patrimoniale, aggiunge, perché le grandi ricchezze «sono un concetto facilissimo da cogliere mentalmente ma difficilissimo da cogliere fiscalmente». Per ora ha deciso di non puntare su benefici tra un paio di anni a fronte di fughe di capitale immediate.
Quanto al percorso parlamentare della manovra Monti fa affidamento «sul senso di responsabilità  delle forze politiche» che devono stare attente a non perdere «la fiducia dei cittadini». Eppure non esclude di porre la fiducia alle Camere. Poi chiude con una preziosa lezione sull’Europa dicendo che mai scaricherà  le colpe di misure impopolari sull’Ue: «Ho sofferto quest’estate non perché le richieste venivano dalla Bce, dalla Merkel o da Sarkozy, ma perché ci chiedevano cose che da tempo gli stessi italiani chiedevano venissero fatte nell’interesse del Paese. Se c’è un vincolo europeo io non lo uso, preferisco essere considerato impopolare io che l’Europa, perché di me si può fare a meno dell’Europa no».

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