by Sergio Segio | 3 Dicembre 2011 7:23
BERLINO — È «l’unione fiscale» l’obiettivo di Angela Merkel. Lo ha chiarito lei stessa ieri mattina al Bundestag, con un discorso che segna una tappa importante nella marcia di avvicinamento al vertice in cui i capi di Stato e di governo dell’Unione Europea dovranno confrontarsi finalmente, senza grandi possibilità di rimandare i problemi, su quelle riforme dei Trattati che Germania e Francia (anche se non su tutti i punti c’è identità di vedute tra Berlino e Parigi) ritengono necessarie per sconfiggere la crisi del debito nell’eurozona.
«Chi l’anno scorso avesse parlato di queste riforme strutturali sarebbe stato ritenuto pazzo. E noi ora non ci limitiamo a parlare di unione fiscale, ne stiamo facendo una», ha detto la cancelliera. Un intervento forte, come forti, pochi minuti dopo, sono state le parole, non prive di sfumature critiche nei confronti dei governi e dei politici, pronunciate ad Amburgo dal presidente della Bundesbank Josef Ackermann, secondo il quale una maggiore integrazione europea è l’unica possibilità per risolvere la crisi finanziaria. A suo giudizio, l’idea di un’unione monetaria con politiche fiscali nazionali «si è dimostrata un’illusione».
Ci vogliono regole di bilancio rigide per i Paesi dell’eurozona e le regole, ha ricordato la Merkel, «vanno rispettate». La Germania pensa a sanzioni automatiche in caso di non raggiungimento degli obiettivi fissati, alla possibilità di portare i reprobi davanti alla Corte di giustizia europea, all’eventualità di mettere sotto tutela le nazioni che non sono in linea con i criteri stabiliti. «Abbiamo bisogno — ha detto — di una disciplina di bilancio e di un meccanismo efficace per affrontare la crisi. Abbiamo bisogno di modificare i Trattati o di creare nuovi Trattati». È in gioco il futuro dell’Europa, un futuro di cui è responsabile anche l’Italia, che è attesa da «una sfida enorme» perché sta affrontando «grandi cambiamenti». In serata, il portavoce della cancelliera Steffen Seibert, ha chiarito su Twitter, rispondendo alla domanda di un giornalista italiano, che la cancelliera non ha mai detto che «l’Italia è responsabile del futuro dell’eurozona»: un equivoco, circolato nel pomeriggio, e forse dovuto a una errata traduzione.
Il ragionamento della cancelliera è che quella europea è anche una crisi di fiducia, per riconquistare la quale «potrebbero essere necessari anni». Proprio per questo la Germania è contraria a rimedi «affrettati» come l’introduzione degli eurobond, nei confronti dei quali però non ha chiuso del tutto la porta: l’idea potrebbe essere presa in considerazione una volta realizzata l’unione fiscale. Parlarne adesso però è sbagliato. «Non sono una soluzione — ha affermato — perché mettere in comune i debiti non è accettabile e la solidarietà europea è direttamente legata alla responsabilità nazionale. Chi non lo ha ancora capito non ha capito la natura della crisi». Un passaggio, questo, che è stato accolto da brusio e qualche risata dai banchi dei Verdi. Ma la cancelliera non si è scomposta. «Devo ripetere?», ha replicato. Anche i socialdemocratici non hanno nascosto il loro dissenso per la lentezza con cui la cancelliera avrebbe gestito la situazione. Il capogruppo della Spd, l’ex ministro Frank-Walter Steinmeier ha sostenuto che proprio grazie a tante indecisioni la crisi del debito in Grecia si è trasformata in una possibile catastrofe per tutta l’eurozona.
Ma queste critiche non sembrano condizionare la Merkel che ha paragonato l’approccio del suo governo alla tattica di un maratoneta. «Chi vince — ha detto — non è quello che parte più veloce, ma chi fa attenzione a tutto il percorso». Respinte al mittente, invece anche le accuse di chi ha parlato, come per esempio i socialisti francesi, di un nuovo «nazionalismo» tedesco. «La nostra linea — ha detto — non ha niente a che vedere con paure, ansie e rimproveri che al momento si possono leggere o sentire circa il fatto che la Germania voglia dominare. Questo è assurdo». Alla Merkel rimane da rispondere, a questo punto, solo a uno dei suoi illustri predecessori, l’ex cancelliere Helmut Schmidt, che ha sostenuto ieri che la sua politica «sta isolando la Germania in Europa». Sarà il vertice di Bruxelles, forse, a dire chi dei due ha ragione.
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