Meccanica e moda: l’export italiano batte la Germania

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Non ditelo ad Angela Merkel ma i distretti del made in Italy continuano a crescere nelle esportazioni più della sua Germania. Nel terzo trimestre dell’anno in corso il manifatturiero tricolore e glocal ha infatti fatto segnare un +8,2% rispetto al corrispondente periodo del 2010 mentre i celebratissimi tedeschi si sono fermati a +7,5%. È chiaro che entrambi i sistemi stanno perdendo velocità  (nei trimestri scorsi gli incrementi erano misurabili a due cifre) ma riescono comunque a strappare performance da sogno in una fase che tutti giudicano pre-recessiva. Più Reno meno Cina 
A trainare l’ennesima coraggiosa cavalcata del made in Italy sono, con risultati diversi tra loro, tre settori su tutti: il metalmeccanico, l’abbigliamento-moda e l’agroalimentare. Non ha lo stesso slancio il sistema casa-arredo che paga la stasi del mercato delle costruzioni e la fiscalità  che si è abbattuta in Europa sugli immobili. A rendere possibile l’incredibile risultato dell’export italiano è ancora la capacità  di tener botta nei tradizionali mercati renani a cui si accompagnano buone prove nei Paesi emergenti. Il terzo trimestre del 2011 si segnala però per un imprevisto rallentamento della penetrazione italiana in Cina, dando così ragione a chi nei mesi scorsi aveva messo in guardia dai facili entusiasmi. Sono questi i dati e i principali rilievi che emergono dal Monitor dei distretti curato dal Servizio studi e ricerche di Intesa Sanpaolo. 
Meccanica di processo 
Se il settore metalmeccanico primeggia, i territori che se ne giovano di più sono Brescia con il suo distretto dei metalli, Lumezzane con rubinetti e pentole (un distretto che era stato dato per morto almeno un paio di volte!), la metalmeccanica di Lecco, la meccanica strumentale di Vicenza e il distretto delle caldaie di Verona. Se insieme ai dati congiunturali riferiti all’ultimo trimestre 2011 osserviamo più in generale gli anni della grande crisi (dal 2008), è la meccanica di processo che si conferma come lo zoccolo duro del manifatturiero italiano, e meritano una menzione il territorio di Bologna per l’imballaggio, Varese per la meccanica strumentale, ancora Brescia per le macchine tessili e per la plastica. «Sicuramente le performance della meccanica di processo appaiono più solide e durature, mentre il fatturato dei metalli si è giovato di un recente aumento dei prezzi» commenta Fabrizio Guelpa di Intesa Sanpaolo.
Moda e agroalimentare Subito dopo i meccanici, sul podio dell’export più vivace sale il sistema moda, i cui incrementi di vendite all’estero viaggiano, rispetto a un anno fa, attorno al 10%. Protagonisti del risultato positivo il polo fiorentino della pelle, gli articoli di pelle e calzature di Arezzo, il tessile di Biella, la maglieria di Carpi, la concia di Arzignano, le calzature di Fermo e quelle della Riviera del Brenta. Basta leggere questi nomi per accomunarli a Lumezzane e a verdetti negativi espressi con troppo anticipo o supponenza. Evidentemente in diversi di questi casi le aziende distrettuali hanno saputo ristrutturarsi e innovarsi per restare pienamente competitive. Anche il tessile-abbigliamento di Prato va bene e incrementa l’export grazie al distretto parallelo cinese o almeno a quella porzione di prodotto degli imprenditori asiatici che viene regolarmente esportata. Con una velocità  dimezzata rispetto al sistema moda (quindi sopra +5%), il terzo gradino del podio va ai distretti agroalimentari che vedono primeggiare al loro interno le specialità  del Nord: i vini delle Langhe/Roero/Monferrato, il polo dolciario di Alba e Cuneo e il vino veronese. «Ma se proprio dovessi indicare un settore che mostra potenzialità  inespresse questo è il food — dichiara Guelpa —. I prodotti di eccellenza li abbiamo, ma paghiamo la debolezza delle nostre catene distributive all’estero».
Il 2012 
A tener vive le esportazioni italiane — nonostante l’incomprensibile stop decretato a suo tempo dal governo Berlusconi all’Istituto per il commercio estero — sono sempre Germania e Francia, ma ottimi risultati arrivano anche da Russia (+14,8%), Romania (+21,4%), Corea del Sud (+33,8%) e Brasile (+29,7%). La sorpresa (negativa) è il rallentamento della Cina, in parte dovuto alle dinamiche del Pil locale che non sale più ai ritmi vertiginosi dei tempi scorsi e in parte a una difficoltà  nel rendere stabile la nostra presenza in quel Paese. Pechino e Shanghai restano target privilegiati del made in Italy ma l’ultimo trimestre non ci premia come sperato. E si tratta di un dato che dovrebbe quanto meno stimolare una riflessione.
Giunti a questo punto, però, la domanda clou che gli economisti di Intesa Sanpaolo si sono fatti riguarda il 2012. Accertato che i nostri distretti si fanno ancora valere e rinviano sine die i propri funerali, come reggeranno l’anno prossimo agli effetti derivanti dalla crisi dei debiti sovrani scoppiata in Europa? La risposta che dà  Guelpa è che «quasi certamente si interromperà  la fase positiva» e che soprattutto «si intensificherà  ulteriormente il processo di selezione del tessuto produttivo italiano». Usciranno dal mercato le imprese più in ritardo e con una difficile situazione economico-finanziaria mentre ce la faranno «le imprese con un’elevata propensione a esportare soprattutto nei mercati ad alto potenziale di crescita». 
L’export 
Chi esporta, dunque, ha una probabilità  molto più elevata di passare il tremendo 2012 e toccare il 2013. Ma anche chi oggi prende ottimi voti nelle esportazioni, come le nostre eccellenze della metalmeccanica, dovrà  fare i conti con il rallentamento brusco di due mercati decisivi come Francia e Germania. Di conseguenza i distretti, per conservare il buon ritmo dell’ultimo trimestre 2011, dovranno intensificare gli sforzi per guadagnare quote di mercati nei Paesi «bric». E, se il governo Monti rimettesse in piedi l’Ice o una struttura simile, i distretti ne potrebbero sicuramente giovare. Il tempo stringe.


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